Libri di sport: Storie di pugni dati sul ring e presi dalla vita

Pubblicato il 18 aprile 2017 alle 21:51:52
Categoria: Notizie di attualità
Autore: Redazione Datasport.it

Prima del limite. Storie di pugni dati sul ring e presi dalla vita – Andrea Bacci – Bradipolibri – Pag. 280 – Euro 18.
 
Un tomo impegnativo e ambizioso. Raccontare le imprese di campioni del ring che hanno lasciato tracce indelebili nella storia di una disciplina, richiede pazienza certosina, ovvero ricerca al limite del possibile, a meno di averli vissuti in diretta, parlato con i protagonisti, essere stati presenti a bordo ring e aver assaporato quelle atmosfere magiche che ogni match esprime, quando sul ring ci sono personaggi dal carisma unico. Per questo il lavoro in questione è una specie di dio Giano. Da una parte il frutto di cronache, commenti e approfondimenti, che rappresentano testimonianze quasi sempre capaci di fotografare l’evento. Dall’altra il vuoto della presenza diretta. Vito Antuofermo, il pugliese d’America, un guerriero che suppliva allo scarso talento col coraggio del leone, aveva perduto netto contro Hagler anche nel primo incontro. Riportare solo certi giudizi non è operazione corretta. Altrettanto liquidare in 16 righe, il suo dopo boxe, in modo riduttivo e quindi incompleto facendolo passare che uno che stenta a tirare il pranzo con la cena e, figurarlo con una faccia tipo puzzle, non è molto elegante. L’ho incontrato recentemente a New York e non mi ha dato questa impressione. Semmai quella di un nonno appagato. Seguendo le orme di autori che fanno del dramma il marchio di fabbrica, ecco le imprese di Arguello, uno dei più eleganti pugili in assoluto, Benitez e l’apolide Bugner, un gigante più furbo che bravo, Corrales dal coraggio infinito, Douglas l’autore del più incredibile e fortunato KO ai danni di Tyson, il nostro Dell’Aquila che dopo tanti errori sul ring e fuori, da alcuni anni lavora e si sta ricreando una vita. Perché scandire ogni errore, dimenticando l’ultimo recupero?

I nomi dei protagonisti sono di prima qualità, da Gatti a Foreman, Sanchez, Tapia, Taylor, Morrison, Rourke, Valero, Lyle, i nostri Migliaccio, Loris Stecca, Vidoz, Lupino, Leto fino a La Rocca e qui mi corre l’obbligo di fare una precisazione, che riguarda Bruno Arcari e Rocco Agostino, che lo seguirono all’angolo. Il primo come tecnico, il secondo da manager. Scrive l’autore: “La favola bella di Nino La Rocca è finita, Agostino e Arcari lo scaricano, quasi facendo finta di non averlo mai conosciuto.” Parole di fuoco che bruciano, perché fanno male alla memoria di Rocco Agostino, che a La Rocca ha fatto guadagnare una montagna di soldi e non l’ha mai scaricato. Quando il pugile si staccò dal manager, aveva sul conto bancario più di ottocento milioni, che Agostino aveva protetto dai cattivi pensieri del prelievo, manifestato spesso dal pugile. Per quanto riguarda Arcari, cosa significa averlo scaricato? Bruno fungeva da allenatore. Se il pugile decide di smettere, mica può trattenerlo a forza. Semmai a rimetterci è il maestro. Che tra l’altro non chiese un centesimo in più del pattuito. Grazie a Rocco Agostino e a Roberto Sabbatini l’organizzatore, Nino La Rocca quando lasciò la boxe avrebbe potuto vivere di rendita. Purtroppo, quegli amici che non l'avevano scaricato, riuscirono a ridurlo sul lastrico. Col concorso di Nino, avveduto in apparenza, cicala nella realtà. Questa la verità, nel rispetto del ricordo di Rocco Agostino, un manager al quale centinaia di ragazzi debbono dire grazie per averli guidati nel modo migliore, nascondendo dietro la ruvidezza, un cuore d’oro.