Salvate il soldato pallone – Niccolò Mello -BradipoLibrieditore – Pag. 160 – Euro 14.00
Destini contrapposti, famiglie distrutte, amici divisi forzatamente, compagni di club su sponde opposte, collaborazionisti e vittime, con la sola colpa di avere sangue ebreo o fede politica diversa. Un libro crudo e crudele, che fa riflettere con amarezza quanto la follia di un uomo possa aver fatto esplodere una tragedia apocalittica. I tedeschi Gottfried Fuchs e Julius Hirsch, unici ebrei ad aver indossata la casacca della nazionale, idoli nei primi anni del 1900, duo inseparabile, sono tra i primi a dover subire le repressioni. I loro destini a lungo paralleli, si separarono quando la tempesta nazista comincia a distruggere tutto. Fuchs lascia la Germania e arriva in Canada dove vivrà da uomo libero. Hirsch resta in patria, incredulo che possano colpirlo dopo aver dato tanto. Nel ’43 a 50 anni, lo prelevano dalla povera abitazione, portandolo al campo di concentramento di Auschwitz-Birkernau dove muore meno di due anni dopo.
Dalla Germania alla Polonia, dall’Ungheria alla Francia e anche in Italia, il prezzo pagato dai campioni dello sport, nel calcio in particolare, sono raccontati con precisione asettica per non cadere nel vittimismo gratuito. Per questo hanno il peso dei macigni. Nomi che i meno giovani dovrebbero ricordare come attori di imprese sui campi d’Europa. Frederich Schefke e Marian Spoida, calciatori polacchi originari di Poznan (Danzica), lottano coraggiosamente su fronti diversi, per difendere la libertà del proprio paese. Il primo sfidando la Germania, il secondo per opporsi al comunismo sovietico. Non solo sofferenza, ampi squarci sono riservati al calcio dell’epoca e alle partite delle grandi potenze, dagli inglesi ai danubiani, alla delusione magiara, beffata dalla Germania ai mondiali 1954, che ai posteri lascerà il dubbio del doping, rafforzato da segnali troppo evidenti per essere solo un’ipotesi fantasiosa.