Napoli. La città, la squadra, gli eroi: dai primi idoli a Maradona – A cura di Luca Bifulco e Francesco Pirone – Bradipo Libri – Pag. 208 – Euro 14.00.
Il rapporto tra calciatore-simbolo della squadra e tifoseria, arriva a vincoli talmente forti che spesso esula nell’esaltazione esasperata. A Napoli questo “gemellaggio” ha toccato punte da primato assoluto. Già negli anni ’20, quando il calcio iniziava a diventare la disciplina nazionale più seguita, creando la formazione di un pubblico di massa. Napoli, nonostante la scarsa industrializzazione, la forte urbanizzazione porta all’esplosione edilizia, con relativa speculazione e inquinamento generale, visto il pesante pedaggio imposto dalla mafia. Nel 1926 viene fondata l’AC Napoli, unificando il Naples e l’Internazionale. In parallelo esplodono i primi idoli della squadra, il portiere Arnaldo Sentimenti negli anni ’40 e ancor prima, l’attaccante Attila Sallustro, pionieri di una saga che annovera idoli indimenticabili.
Memorabile e lunghissima la polemica tra Sallustro e l’interista Peppino Meazza per l’usurpazione della maglia azzurra da parte del milanese. Il capitolo legato alle due presidenze di Achille Lauro, la prima nel lontano 1936, su imposizione di Mussolini, si innesca nella storia della città, di cui il “comandante” è nocchiero e padrone. Fu un bene per Napoli, il regno di Lauro? Vista nel contesto degli anni ’50, rispondere è impossibile. Il primo cittadino della città conosceva bene la situazione metropolitana e le contraddizioni di un popolo che chiedeva l’alternativa alla miseria quotidiana. L’antidoto è la ricetta pallonara. I risultati sono strepitosi, la prima briscola arriva dal Nord Europa, si chiama Jepppson ed è svedese, proviene dall’Atalanta ed è costato 105 milioni di lire, capace di portare a 300.000 voti per l’elezione di Lauro, ma l’uomo del destino è Luis de Menezes Vinicius, detto ‘o Lione’, che trova a Napoli tutto ciò che un calciatore può sognare.
Un idillio mai tramontato, che regge il paragone con Maradona, forse più intenso, sanguigno ma a livello diverso. Con Vinicio il rapporto è senza tempo. A proporlo al Comandante è un mediatore, certo Pasqualini, anche se la Lazio del conte Vaselli lo ha già opzionato. Appena Lauro lo contatta il passaggio è scontato. Costo dell’operazione: 50 milioni oltre ad appalti su lavori a Napoli, dieci-venti volte superiori. Il resto fa parte di una favola alla quale non manca nulla.
Il giovanotto non nasce nelle favelas, fa parte della buona borghesia, iscritto all’università, facoltà di architettura, fisico bestiale e temperamento caliente, gioca nel Botafogo. E’ il 1955, Vinicio, si presenta a Napoli, dopo aver avuto l’ok della madre, che dirige il traffico di famiglia. In realtà il comandante aveva già deciso tutto. Ma nella commedia napoletana il tocco materno fa parte dello spartito. Cinque campionati da giocatore, altrettanti da allenatore, bastano a renderlo indimenticabile. Ancora oggi, a Napoli, quando la gente lo incontra, arzillo ultraottantenne, lo saluta affettuosamente come “o’ Lione”. Altri grandi calciatori nati nel napoletano, fecero esaltare i tifosi, ma nessuno come loro entrarono nel cuore.