Boxe - Lomachenko incanta il mondo e in Europa verdetti e rinvii a go-go

Pubblicato il 14 dicembre 2021 alle 16:00
Categoria: Boxe
Autore: Redazione Datasport

Che Vasyl Lomachenko sia pugilisticamente un fenomeno, anzi il fenomeno degli ultimi quindici anni è assodato. Nato il 17 febbraio 1988 a Bilhorod-Dnistrovskyi in Ucraina, mamma ginnasta di buon livello, papà Anatoly pugile dilettante, Vasily è cresciuto in palestra. A 6 anni (1994) prende parte al primo torneo studentesco e da quel momento la sua vita pugilistica non ha più soluzione di continuità. A 16 anni a Saratov in Russia, vince il primo alloro internazionale, l’europeo U17, a 18 il mondiale jr. ad Agadir in Marocco da peso mosca e l’anno dopo a Chicago è argento iridato piuma, battuto dai giudici e non dal russo Selimov. Infatti nel 2008 vince i Giochi a Pechino e il primo rivale che batte è proprio il russo. Nell’occasione gli assegnano la Coppa Val Baker quale miglior pugile del torneo. Nello stesso anno conquista l’europeo a Liverpool. Il titolo a cinque cerchi lo bissa nel 2012 a Londra. Oro mondiale a Milano nel 2009, ancora oro nel 2011 a Baku in Azerbajan dove ho l’occasione di intervistarlo nell’Hotel dove alloggiamo entrambi. Che pubblico su Boxe Ring e La Gazzetta dello Sport. Tra le varie domande, chiedo quando ha iniziato la boxe. La risposta la trasferisce al padre. “Vasyl non poteva che scegliere il pugilato, visto che ho una palestra sotto casa. Ha messo i guantoni a quattro anni e a sei ha disputato i primi confronti. La convinzione che fosse un predestinato l’ho avuta quasi subito per la facilità con cui eseguiva ogni esercizio e portava i colpi con una naturalezza impressionante. A quel punto capii che avevo un futuro fuoriclasse da proteggere”.

La carriera di Lomachenko ho avuto modo di seguirla da bordo ring fino ai Giochi di Londra 2012 e oltre, intervistarlo a più riprese, in particolare quando venne a combattere in Italia con le World Series e nell’occasione chiedo ancora al padre perché dopo Pechino 2008 non ha scelto il professionismo? “Perché il suo fisico era ancora in formazione. A 20 anni, sei nella fase più delicata e il professionismo richiede il massimo dell’impegno. Come è avvenuto nel 2013, dopo averlo preparato a dovere”.

Passa pro, con un record di 396 successi e una sola sconfitta in maglietta. Esordisce il 12 ottobre 2013 sul ring di Las Vegas e una borsa di mezzo milione di dollari, conquistando l’Internazionale WBO dei piuma a spese Jose Luis Ramirez, messo KO al quarto round. Il primo marzo 2014, a S. Antonio nel Texas, affronta l’esperto e scorretto messicano Orlando Salido per la vacante cintura WBO piuma. A giudizio unanime aveva vinto, ma due giudici su tre optano per Salido. Mondiale solo rimandato, tre mesi dopo a Carson la capitale del Nevada, diventa campione del mondo WBO infliggendo la prima sconfitta a Gary Russel jr. (24-1) ritenuto uno dei big della categoria. Da quel momento diventa inarrestabile, battendo Jason Sosa, Guillermo Rigondeaux, Jorge Linares, Jose Pedraza, Anthony Crolla e Luke Campbell. L’inciampo il 17 ottobre 2020, quando l’emergente Teofimo Lopez (16-1) lo supera ai punti, sfilandogli i titoli in suo possesso. Stop interlocutorio. Torna a combattere sempre a Las Vegas lo scorso giugno e batte il quotato giapponese Masayoshi Nakatami (19-2) KO alla nona tornata. Sempre sotto la procura di Bob Arum della TOP Rank, sabato scorso al Madison Square Garden di New York, a 33 anni suonati, offre una lezione di boxe al non certo disprezzabile ghanese Richard Commey (30-4), che lo sovrasta strutturalmente, ma risulta uno scolaro nei confronti di un professore che coniuga la boxe, tramutandola in arte nobile. “Loma” offre al pubblico tutto lo scibile della disciplina: schivate e rientri, spostamenti, serie sopra e sotto, il tutto con una naturalezza che emozionava oltre a sorprendere l’avversario, che al settimo round dopo una serie di colpi, culminati da un micidiale gancio sinistro al viso, si ritrova al tappeto con le gambe molli e la testa confusa. A quel punto Loma, da grande campione e uomo, invitava inutilmente l’angolo dell’africano a chiudere la sfida. Il match prosegue fino al dodicesimo round consentendo a Commey la sconfitta ai punti. L’impressione generale è che l’ucraino dopo l’atterramento inflitto al rivale, abbia leggermente diminuito l’intensità dell’offensiva, pur mantenendo la netta superiorità. La posta in palio era la cintura intercontinentale WBO dei leggeri, ma Vasyl a questo punto reclama a giusta ragione il confronto con l’australiano George Kombosos (21), il recente vincitore di Teofimo Lopez, e attuale campione WBA, WBO e IBF dei leggeri, sulla cui condizione fisica quando ha combattuto, ci auguriamo venga fatta luce completa. I punteggi di 119-108 per due giudici rispecchiano a realtà mentre il 117-110 di Tony Paolillo, conferma ci sia sempre chi è nel ruolo sbagliato. Nei giorni successivi Lomachenko ha detto chiaramente che la prossima sfida sarà con Kombosos, disposto a combattere anche in Australia. Sempre con borsa compatibile al rischio della trasferta. Tocca adesso a Bob Arum, giovanotto di 90 anni, ben portati, portare a buon fine la trattativa, che troverà l’opposizione di Eddie Hearn (Matchroom) che pensa di bruciare sul tempo la Top Rank, proponendo Devin Haney (27) titolare WBC.

Al Dignity Health Sports Park di Carson (Usa) nel Nevada, il non più verde Nonito Donaire (42-6) filippino di 39 anni, professionista dal 2001, quindi vent’anni di ring, ha dato dimostrazione di essere in ottima condizione, spedendo KO al quarto round, lo sfidante alla cintura gallo WBC, il connazionale fino allora imbattuto Reymart Gaballo (24-1), 25 anni che fino a quando non subiva il terribile sinistro al fegato, aveva mostrato buoni numeri. Adesso Donaire spera di ottenere la rivincita contro Naoya Inoue (21 IBF e WBA) il superman giapponese. Diversamente potrebbe scendere di categoria, puntando al messicano Juan Francisco Estrada (42-3) 31 ani, che recentemente ha respinto Roman Gonzalez (50-3) mantenendo la cintura supermosca WBA. Nel frattempo Donaire è diventato il meno giovane campione del mondo dei pesi gallo della storia.

Da tempo scrivo che l’EBU è un ente in stato comatoso, che la sua struttura andrebbe cambiata da cima a fondo, anche se mi rendo conto, che non dovendo dare conto a nessuno, la situazione va benissimo a chi è al potere. Fedeli alla politica di evitare decisioni, prende atto e approva l’annullamento dell’europeo leggeri, fissato a Helsinki sabato scorso 11 dicembre, ignorando che si trattava dell’ennesimo rinvio, non sempre giustificato, penalizzante in particolare per il nostro Gianluca Ceglia, che si prepara da due anni per una sfida che non sembra mai diventare realtà. Gli organizzatori finlandesi hanno indicato a marzo la nuova data, senza la minima attenzione per il danno economico subito dal cosfidante italiano in allenamento dall’estate del 2020. Da allora, i rinvii si sono succeduti da agosto a novembre, per proseguire a maggio, giugno, agosto sempre per infortuni a Edis Tatli. L’EBU prendeva atto e dava l’ok per il successivo impegno. Ignorando i danni economici sopportati dal pugile italiano. A questo punto è intervenuta la FPI chiedendo all’EBU più rispetto sia delle date che per il nostro atleta. Ricordando che la stessa EBU assegnando la sfida in agosto a Tampere, aveva ricordato che non venivano ammesse altre deroghe, puntualmente vanificate con altri rinvii. Tra l’altro, l’ente europeo ha finora ignorato che nella gara di assegnazione, la BBT di Davide Buccioni, giunta seconda, è pronta a rilevare l’organizzazione del titolo in Italia. Tra le varie ipotesi circola la voce che se L’EBU dovesse vietare la sfida in Italia, la Federazione potrebbe valutare anche l’uscita dall’Ente. Forse un primo passo importante per far cambiare una costruzione fine a se stessa. Ma stando però attenta a piccoli particolari. Ricordo che anni addietro per aver occhieggiato i cartellini prima della lettura, venni redarguito severamente dalla segretaria EBU.

Per un europeo che scivola come una saponetta impazzita, senza trovare approdo, un altro trova data e sede, in questo caso a Herstal in Belgio. La posta in palio è il titolo superpiuma vacante e se lo disputano Faroukh Kourbanov (19-3) 31 anni, belga di adozione, nato a Bishker in Kyrgyzstan nel 1990. Vecchia conoscenza, il 19 maggio 2018 al Principe di Milano, venne nettamente battuto da Devis Boschiero per UE dei superpiuma. A Herstal, il nostro Nicola Henchiri (10-6-2), al primo tentativo continentale, dopo aver detenuto la cintura dell’Unione Europea battendo Mario Alfano, ha offerto sul ring belga una prestazione di tutto rispetto, purtroppo ignorata da due dei tre giudici, per cui al termine dei dodici round, veniva premiato il pugile di casa. In maniera clamorosamente ingiusta. Questo almeno sostiene il suo maestro Daniele Mostarda, scandalizzato dal verdetto. “Nessuna tutela per noi, la giuria era composta da un supervisor danese, due giudici di parte casalinga e solo il francese ha avuto il coraggio di dare il pari. Spero che la sfida venga messa su Yutube, per valutare come siamo stati derubati di una vittoria sacrosante. Aggiungo che Nicola aveva vinto chiaramente almeno otto round sui dodici e nella pancia del match, il belga è stato sull’orlo della resa. Per rendere ancora più amara la sconfitta, un loro dirigente ha così commentato il risultato: ‘Sono cose che succedono, In Italia avreste vinto voi, ma qui siamo in Belgio’, al danno si è aggiunta la beffa”. Per l’EBU è tutto normale.

Giuliano Orlando