L’ultima magia l’ha realizzata Vincenzo Mangiacapre, ennesimo allievo della Excelsior di Marcianise nel casertano, il vivaio più prolifico dell’Italia in guantoni. Nei superleggeri ha battuto il pericoloso mancino kazako Yeleussinov, offrendo spettacolo e meritando vittoria e applausi. La boxe dell’azzurro è pura fantasia, guardia bassa, spostamenti millimetrici e rientri fulminei. Boxe per intenditori, che costa la massima concentrazione. A 23 anni, ha già messo nel carnet personale il bronzo europeo e quello mondiale, non è una sorpresa ma la conferma del valore. Adesso deve compiere un miracolo per entrare in finale. L’avversario da battere è il cubano Sotolongo, iridato nel 2009, bronzo a Pechino e un decennio di boxe al massimo livello. Si sono già affrontati ad Assisi a maggio, vittoria di Vincenzo al sapore di casa. Stavolta la posta è altissima, favorito il caraibico, ma noi puntiamo una sterlina sull’italiano.
Cammarelle (+91) e Russo (91) sono le altre due carte azzurre inserite tra i magnifici 40 con diritto al podio. Niente male. Nonostante le categorie siano scese da 11 a 10, abbiamo raccolto tre podi come a Pechino. La scommessa è tramutare il bronzo in metallo prezioso. Impresa impossibile? Chissà, i pronostici ci sono avversi,ma lo stellone italiano ci induce a sperare. L’Ucraina confermando la forza d’assieme ha messo 5 atleti a medaglia, ma ha pure vinto l’oscar della fortuna. Il welter Shelestyuk aveva perduto netto dal francese Vastine, tanto che è andato all’angolo avversario a scusarsi, il mediomassimo Gyodzdyk era indietro con l’algerino Benchabla, che a un secondo dalla fine subiva un richiamo (2 punti) per tenute e vinceva 19-17. Il superleggero Berinchyk otteneva la vittoria sullo svedese Yigit (24-23) fischiatissima dal pubblico.
Anche gli inglesi possono ringraziare i giudici, benevoli in particolare con Ogogo (75) e con Joshua (+91) che aveva perduto col cubano Savon al debutto. I cubani hanno dimezzato i semifinalisti, dagli otto di Atene e Pechino a quattro. Questo, nonostante l’ottima squadra. Hanno pagato il cambio radicale, un solo atleta dei presenti a Pechino, il superleggero Sotolongo, gli altri otto al debutto. L’esclusione più clamorosa, peraltro corretta, quella del mediomassimo La Cruz, campione del mondo e favorito all’oro. Lo ha battuto il brasiliano Falcao, bravissimo ad anticipare un rivale troppo sicuro, più mossette che colpi, mentre il carioca era pratico e tempista. L’assalto al terzo round non serviva alla rimonta. La più grossa sorpresa del torneo, mentre quella di Stoner nei 64 kg. ha amareggiato gli inglesi, ma il mongolo Uranchimeg ha meritato il successo e riteniamo possa battere l’ucraino Berenchyk in semifinale. La Russia porta quattro pugili avanti, appena meglio di Pechino, idem i padroni di casa, mentre a quota tre sono arrivati irlandesi e kazaki, mentre l’Azerbajan piazza Mamadov massimo e Medzhidov supermassimo, gli avversari di Russo e Cammarelle domani.
L’Ubekistan dei cinque atleti giunti ai quarti, ha raccolto un solo semifinalista, il medio Atoev, due volte mondiale, ma sempre deludente ai Giochi. Un semifinalista a testa per Lituania, Corea del Sud, Thailandia, Bulgaria e Cina che a Pechino ne aveva tre. In totale 17 nazioni sul podio, sulle 78 in partenza, ad Atene e Pechino erano 20 le nazioni premiate. Il balzo più forte lo compie l’Ucraina che passa da 2 a 5, quello del gambero è di Cuba, da 8 a 4, come la Francia da 3 a zero, con qualche rimpianto giustificato. L’ossatura resta sempre la stessa, con la nazioni ex Urss che portano 13 pugili più i cinque russi per un totale di 18, quasi il 50% dei promossi. Delusione storica USA: per la prima volta non salgono sul podio. La nazione che ha ottenuto più medaglie nella boxe ai Giochi (48 ori, 23 argenti e 38 bronzi) esce senza nessun semifinalista. Una discesa annunciata, passando dal record di 11 medaglie del 1984: 9 ori, 1 argento e 1 bronzo al digiuno attuale. I motivi sono principalmente organizzativi. La boxe Usa prolifica con la spirito del professionismo, i dilettanti pensano ai “prize-fighter”, i loro modelli sono Mayweather, Pacquiao e Cotto e il traguardo è combattere a Las Vegas dove guadagni dollari a iosa.
Per quanto riguarda l’Italia, doveroso dare atto ai tecnici, Damiani, Bergamasco e Coletta, oltre al fisioterapista, ognuno col proprio compito. Bergamasco è quello che consola tutti, il cuore campano, quello che ha creduto in Mangiacapre quando nessuno ci puntava, quello che ha detto a Valentino parole di conforto dopo la delusione dei quarti, una chioccia capace di capire tutti. Damiani è il motivatore, il driver che urla e stimola, mentre Coletta fa il lavoro oscuro, quello che non si vede in palestra ma è indispensabile. Morbidini è colui che rigenera gli atleti. In particolare Cammarelle che di problemi tra schiena e altro è una miniera, ma anche Mangiacapre e Russo non scherzano. Le sue mani sono magiche. Con queste premesse, l’Italia dal 2000 a Sydney è sempre presente sul podio, Quattro edizioni e otto medaglie, bilancio da incorniciare. Il presidente Franco Falcinelli ormai un big nell’AIBA, quasi sicuramente passerà la mano. Chi lo sostituirà, per mantenere questo trend dovrà guidare l’Italia con lo stesso rendimento e non sarà facile. Nel tardo pomeriggio conosceremo le tre campionesse olimpiche. Senza falsa modestia, ho pubblicato su Datasport il pronostico delle finaliste, centrandole tutte e sei. Niente di straordinario, ma la dimostrazione che siamo non solo credibili ma anche preparati a dovere. Mica male.