Matti per il calcio. Perché questo gioco ci fa impazzire: spunti di psicologia pallonara.
Quanto la follia sportiva può tradursi in antidepressivo - Davide Bellini - Matti per il calcio. Perché questo gioco ci fa impazzire: spunti di psicologia pallonara. Pag. 142 – Euro 15.00 – Bradipolibri Editore
di Giuliano Orlando
Pier Paolo Pasolini definì il tifo come una malattia giovanile che dura tutta la vita. Previsione che l’autore cerca di studiare e capire, fornendo se non la terapia ideale ma una giustificazione, sentendosi in parte un paziente. Ci sono frasi fatte, entrate nel quotidiano, alle quali non fai più a meno, tipo “Quel giocatore era fortissimo ma non aveva la testa”, oppure: “Un allenatore deve essere anche un po’ psicologo”. Questo intercalare potrebbe essere l’anticamera di un germe abbastanza inquietante, definibile follia da calcio? L’interrogativo è la motivazione per capire, studiare e arrivare alla giustificazione di atteggiamenti altrimenti preoccupanti. Non diversamente, l’autore si pone il dubbio se sia o meno necessario sperimentare su di sé la follia, per capirne pregi, limiti e importanza. Teorie che la psicologia dello sport ha cercato in vario modo di inquadrare e canalizzare su tracciati dove la ragione sia prevalente. Uscendo dalla generalizzazione, per rientrare nello specifico del fenomeno calcistico, perfino un personaggio come Winston Churchill, ebbe il tempo di soffermarsi sugli italiani, che li descrisse capaci di andare in guerra come se giocassimo una partita di calcio. Dimenticandosi che i suoi connazionali nel nome dello sport che si vantano si aver inventato, compirono stragi, delle quali hanno ben poco di cui vantarsi. Indubbiamente il calcio in Italia è il maggior fenomeno nazionale, tanto da mettere a disagio i pochi che l’ignorano. L’autore, tifoso della squadra definita “la pazza Inter”, ben si approccia in questa operazione di ricerca, del perché il tifo calcistico può arrivare ad una follia collettiva. Dove, una legge non scritta ma per questo assolutamente da rispettare è l’impossibilità di assorbire la sconfitta senza soffrire. Entrando nel concetto di cosa e come vediamo lo spettacolo sportivo, ogni disciplina ha le sue specificità e in particolare la diversa simmetria. Il basket ne esprime la sovrapposizione completa delle due squadre, nel senso che dopo la fase di transizione, ogni giocatore aderisce al suo corrispettivo, in modo perfetto. Il rugby per contro estremizza il concetto, dove la mischia non è mai fusione, mantenendo sempre opposti i due schieramenti. Nella pallanuoto la simmetria si diluisce nei continui spostamenti dei giocatori, nel volley dove la rete è la trincea dei fronti opposti, vietando il contatto fisico, sublimato dall’esultanza ad ogni punto con l’aggiunta di una spruzzata provocatoria. Il calcio nella sua visuale d’assieme sembra una matassa cromatica che si scioglie e si riaggomitola nella sequenza di ogni azione. Altro aspetto primario, il rapporto tra i tifosi e l’arbitro, Che nel calcio tocca la punta di ostilità assoluta, dove l’ex uomo in nero (oggi sono in technicolor) ha da sempre la scomoda funzione dell’alibi per i successi altrui. Nella vasta prateria del calcio l’erba del maschilismo ha resistito molto più a lungo che in altre discipline. Oggi il calcio femminile italiano sta conquistando sempre più visibilità, portandosi all’altezza delle nazioni più evolute. Nella metà dell’800, Cesare Lombroso, medico veronese ideò la teoria della “criminalità per nascita”, affermando che l’origine del comportamento criminale potesse riconoscersi dalle caratteristiche anatomiche. Il parallelo col tifoso di calcio sta molto stretto ma una piccola apertura ci può essere. “Dimmi la tua squadra del cuore e ti dirò chi sei”. Personalmente penso sia una stupidaggine, per altri può trattarsi di una similitudine. Nel segno della pluralità di opinioni. La Zona Cesarini è un lasso di tempo talmente particolare da poter cambiare il racconto di 80 minuti di gioco, capovolgendo il risultato. La magia di quello spazio restante, sta nel fatto che entrano in gioco stimoli che il tuo corpo sembrava avere esaurito. Curioso che quei minuti finali prendano il nome di un calciatore nato in Italia, emigrato in Argentina, dalla vita rocambolesca, che riusciva a far gol nei minuti finali. Le ultime dissertazioni riguardano il comportamento e la mutata immagine del calciatore, che esprime personalità diverse anche se accumunati da guadagni enormi, costretti ad una vita da romitaggio, neppure lontani parenti dei colleghi di antica memoria. Cosa era meglio? L’ultima dissertazione al prossimo libro.
Giuliano Orlando