Un viaggio sul “treno dei matti” verso il deserto – Mauro Buffa – Sulla Transmongolica. Oltre 9000 km. in treno da Mosca a Pechino sulle orme di Gengis Khan – edicicloeditore – Pag. 210 – Euro 15.00.
Confesso che quando la sempre gentile Sarah Gaiotto, responsabile dell’ufficio stampa della edicicloeditore, mi face sapere che era uscito “Transmongolica da Mosca a Pecchino sulle orme di Gengis Khan” di Mauro Buffa, mi affrettai a chiederne l’invio per la recensione ma, diversamente dalle altre, il libro creava in me curiosità e invidia. Curiosità, dopo aver letto “Sulla Transiberiana” dello stesso autore e invidia perché questo tipo di viaggi fa parte dei desideri che ancora non ho realizzato. Pur essendo un giornalista attempato, il vezzo di conoscere, cosa c’è oltre la mia siepe, non si è ancora esaurito. Potrei ritenermi soddisfatto, visto che ho superato le cento nazioni visitate (108), comprese alcune dell’Asia Centrale (Kazakistan, Azerbajan, Uzbekistan), la Cina e molto della Russia fino a Perm, tutta l’Europa da Nord (Tromso) a Sud (Lampedusa e Pantelleria), le Americhe da Ushuaia in Argentina al Canada, come l’Oceania. Mi manca e spero di realizzare il sogno della Transiberiana. Quel treno l’ho visto partire diverse volte da Mosca e ogni volta avrei voluto salirci sopra. Negli anni più verdi, l’imperativo era la fretta, da inviato viaggiavo sempre su quell’uccello meccanico chiamato aereo. Oggi capisco che la lentezza è il segreto dell’osservazione, la magia dell’emozione pura. Confermato dal racconto che Mauro Buffa dipana giorno dopo giorno, iniziando dal breve soggiorno a Mosca, utile per visitare una metropoli dai chiari e scuri evidenti tra un passato che la city ha cancellato, mentre negli angoli periferici restano come totem inamovibili. Il viaggio inizia a sorpresa. I nostri perdono il treno e fanno il primo tratto fino a Ekaterinburg in aereo.
Accolti nel nuovo aeroporto da una pioggia battente. Che non li scoraggia. Scoprono una città non bella ma vivace, dominata dal grattacielo della Gazprom, il gigante che controlla il 16% del gas mondiale e ne fornisce un quarto all’Europa Occidentale. Trovano il tempo di vedere la Cattedrale, il cimitero e gustare il borsch. A Ekaterinburg il 16 luglio 1918, venne giustiziata la famiglia degli zar. Sulla facciata della stazione è rimasto il vecchio nome del periodo stalinista: “Sverdlovsk”. Lungo il percorso, fanno conoscenza con varia umanità, il treno ferma a Omsk, città con oltre un milione di abitanti, l’industria principale nel settore della petrolchimica. Paesaggio verdeggiante, dacie a non finire, ovvero le seconde case. Improvvisa appare Barabinsk, in mezzo alla steppa. Poi il treno incrocia Krasnojarsk nel cuore della Siberia. Passano i giorni e le notti, si cementano amicizie simpatiche o meno. Si trovano fans dei Pink Floyd. A Irkutsk scendono per prendere un altro treno che li porterà a Ulan Bator. Tra le novità varie, scoprono che ci sono tante belle ragazze sole, perché i russi bevono troppo e sono violenti. Sul nuovo vettore che li porterà in Mongolia, ritrovano le vegliarde inglesi. Treno quasi deserto. Lo spettacolo esterno in compenso è sontuoso: boschi infiniti dove spicca nel verde il bianco delle betulle. Si corre lungo il lago Baikal. Dopo Ulan Bator “Porta Rossa”, la capitale della Buriazia. deviazione verso Sud ed ecco la Mongolia. Superato il bacino del Selenga, immissario del Baikal, inizia la non vegetazione. L’arrivo nell’ex stato sovietico è più laborioso del previsto. Per due ore chiusi sul treno, toilette comprese. Quando si torna alla normalità si capiscono i motivi. In Mongolia la ferrovia non è elettrificata e la nuova locomotiva, oltre che vecchia e arrugginita è a diesel. Il gruppo scende a Darhan, proseguendo il viaggio su un Mitsubishi 4x4. Fin dai primi km. capiscono che non esistono strade, ci sono solo sentieri praticabili se non piove. Diversamente ci si ferma in attesa del bel tempo. Li aspetta un giretto di 1400 km. una passeggiata in un paese grande cinque volte l’Italia. I sei: Federico, Christian, Rita, Enkhmaa, Amaraa e l’autore del libro, non demordono e vanno avanti, superando difficoltà e imprevisti. Alla fine ognuno ha raggiunto il proprio scopo. Facendo tesoro di un viaggio sicuramente unico e indimenticabile. Una montagna di foto, non meno interviste con i pastori e gli abitanti di una terra impossibile. Da Murun, tornano in volo per Ulan Bator. Dove in treno raggiungeranno Pechino. Infaticabili, almeno Mauro e Claudio oltre a Federico. Scoprono le bellezze della Cina ma anche che i furbi si sprecano e ogni angolo può nascondere un tranello. Quando tornano a casa? Ci pensa un volo dell’Aeroflot che li sbarca da Pechino (tra gli aeroporti più grandi del mondo) a Mosca. Con la stessa compagnia, arrivano a Venezia. Da non perdere le riflessioni dell’autore dopo questo viaggio infinito. In queste poche note, c’è la risposta a tutte le domande del lettore.
Giuliano Orlando