Quando un giocatore esce dalle scene della serie A dopo aver conquistato grandi successi in campo nazionale e internazionale, è ben difficile che abbia ancora qualcosa da chiedere al basket, appende le scarpe al chiodo e volta pagina. Marco Solfrini faceva eccezione, ed è stato una magnifica eccezione. Pensate, a Roma aveva vinto negli Anni Ottanta uno scudetto, una Coppa Campioni, una Coppa Intercontinentale e una Coppa Korac, e in nazionale aveva conquistato una medaglia d’argento alle Olimpiadi. Successi storici, si badi bene, sia per una città come Roma, sia per la nazionale azzurra.
Lasciare il basket? Ma neanche per idea, queste cose le lasciava fare agli altri. Da persona intelligente, oltre che capace, aveva cominciato nella sua Brescia una carriera lavorativa che gli dava soddisfazioni. Ma accanto al lavoro aveva sempre coltivato la passione per il basket. Continuava a calcare i parquet nei campionati minori, regalando sprazzi di spettacolo tirando fuori dal suo bagaglio tecnico numeri di classe che attiravano ammirazione e applausi anche al pubblico delle squadre avversarie. Alto poco meno di due metri, faceva valere, insieme con una grande elevazione, anche un’apertura di braccia inusuale, che gli permetteva di fare schiacciate spettacolari, tali da meritargli il soprannome di “Doc J. italiano”, la risposta nostrana al grande Julius Erving.
Le schiacciate le faceva ancora, a sessant’anni suonati. Ma al di là delle azioni atletiche d’eccezione, Marco era un giocatore completo dal punto di vista tecnico, con tanta classe. E con tanta passione dentro, che esaltava la sua tecnica. Valerio Bianchini, che lo volle a Roma come ala, scoprì che poteva coprire vari ruoli, che era un ottimo difensore non solo contro lunghi ma anche contro le guardie, e che era prezioso nello spogliatoio. Per lui si aprì una nuova era di successi quando Peppe Ponzoni gli aprì le porte delle rappresentative azzurre del Maxibasket.
Marco si teneva allenato disputando un campionato minore e in estate era pronto per le nazionali azzurre, nelle quali raccolse una vera e propria collezione di medaglie. Eccole, anno dopo anno:
Oro nella categoria Over 45 ai campionati europei di Pesaro 2008 Oro nella categoria Over 45 agli Europei di Zagabria (Croazia) 2010Argento nella categoria Over 50 ai Mondiali di Natal (Brasile) 2011Oro nella categoria Over 50 agli Europei di Kaunas (Lituania) 2012Oro nella categoria Over 50 ai Mondiali di Salonicco (grecia) 2013Bronzo nella categoria Over 50 agli Europei di Ostrava (Rep. Ceca) 2014Oro nella categoria Over 50 di Novi Sad (Serbia) 2016Oro nella categoria Over 55 ai Mondiali di Montecatini Terme 2017
Quest’anno era entrato nella nazionale Over 60, e si stava preparando agli Europei di Maribor (Slovenia). Avrebbe fatto il possibile e l’impossibile per strappare dei giorni di ferie in giugno, in modo da partecipare alla rassegna continentale in Slovenia alla fine di giugno. È facile prevedere che la sua carriera fra gli ‘Over’ del maxibasket sarebbe stata ancora lunga e densa di successi internazionali. Ma la sua vita si è fermata a Parma, mentre stava svolgendo un impegno di lavoro alla locale Fiera, per un infarto che lo ha stroncato. Inutili sono stati i tentativi, protrattisi per circa un’ora - di rianimarlo. E pensare che Marco controllava costantemente il suo fisico con visite mediche. Una decina di giorni fa a Lecco aveva avuto un malore, peraltro di scarso rilievo, e aveva pensato bene di rivolgersi al pronto Soccorso locale. Gli esami avevano dato esito negativo.
Il Maxibasket gli aveva aperto una nuova vita, una nuova primavera sportiva. E non solo sportiva: nel corse degli Europei a Kaunas aveva conosciuto una giocatrice ucraina, Tania, con la quale in seguito era sbocciato l’amore. Marco e Tania insieme, mano nella mano, erano la versione cestistica degli innamorati di Peynet, vederli insieme faceva tenerezza. Tutti e due venivano da storie matrimoniali finite. Lui era già nonno di quattro nipotini, lei aveva tre figli. Ma l’amore li aveva miracolosamente ringiovaniti, ed era nata una storia splendida: un paio d’anni fa si erano sposati. La loro nuova primavera aveva messo fiori d’arancio. La passione per il basket – ormai in versione “maxi”- aveva rinsaldato la loro unione; Tania, anche lei ottima giocatrice, era entrata in una squadra lombarda e aveva disputato qualche partita di campionato.
Ai giocatori ‘Over’ – sempre più numerosi – resta il ricordo di un giocatore eccezionale, vero simbolo del Maxibasket azzurro, ma anche di un uomo gentile, intelligente, colto. Durante le trasferte per Europei e Mondiali Marco era solito compilare il “Diario del Solfro”, che su Internet raccoglieva moltissimi lettori. L’azzurro ‘Over’ Giorgio Papetti, con la sua abituale sensibilità, ha avanzato l’idea di organizzare nella sua Brescia una partita in sua memoria, con in campo la nazionale Over 60, che lo aveva ormai fra i titolari. Ci sembra un modo degno di ricordarlo: sul campo, che Marco Solfrini non aveva mai lasciato.