Editoriale: Allegri tra Sacchi, Capello e Ancelotti

Pubblicato il 8 maggio 2011 alle 08:00:00
Categoria: Serie A
Autore: Redazione Datasport.it

Farà come Sacchi, Capello e Ancelotti che dopo il primo hanno servito in tavola secondo, contorno, dolce e caffè o come Zaccheroni che dopo l'inatteso scudetto del 1999 smise di preparare piatti prelibati? Fuori di metafora: Massimiliano Allegri riuscirà a costruire un ciclo vincente? Chi vivrà, vedrà. Per ora “Acciughino” (come lo chiamavano nella sua Livorno e tuttora fanno gli amici d'infanzia per la magrezza) si è cucito sul petto uno scudetto che già lo pone nella storia del Milan tra i vittoriosi, una categoria certamente ampia ma dalla quale sono rimasti esclusi anche ottimi allenatore come il maestro Tabarez e l'imperatore Terim. Ma “Sentenza" (come lo chiamava il suo mentore Giovanni Galeone per l'abitudine di esprimere giudizi secchi su ogni cosa) di chi può essere considerato l'erede? Di tutti e di nessuno.

Di Arrigo Sacchi, ad esempio, Allegri ha preso la capacità di entrare subito in sintonia in un ambiente che non conosceva e che non lo conosceva. Proprio come il “vate di Fusignano”, vincitore di 8 trofei in 4 anni (1 campionato, 2 Coppe dei Campioni, 2 Coppe Intercontinentali, 2 Supercoppe europee, 1 Supercoppa italiana) Allegri ha fatto la gavetta nelle serie minori, ha conquistato da avversario l'entourage rossonero, fino alla trattativa che lo ha portato alla corte del Diavolo.

Di Capello (che nella sue esperienza in rossonero ha messo insieme in 5 anni 4 scudetti, 1 coppa dei Campioni, 1 supercoppa europea, 3 supercoppe italiane) Allegri ha senza dubbio l'estremo realismo tattico: il friulano nell'estate del 1991 ereditò una squadra definita da molti al punto di cottura e la rivitalizzò abbassando il baricentro di una ventina di metri, mettendo al bando la tattica del fuorigioco e chiedendo pressing solo a fase alterne a giocatori con migliaia di chilometri e centinaia di battaglie nelle gambe. Allegri è partito con i tre tenori davanti e, mangiata la foglia, ha proseguito con i tre mastini in mezzo.

Di Ancelotti (uno scudetto, 2 Champions League, 1 mondiale per Club, 1 coppa Italia, 2 supercoppe europee, 1 supercoppa di Lega in 8 anni) Allegri ha ereditato la capacità di gestione del gruppo. Autorevole senza mai essere autoritario, il toscano come il parmense ha usato toni e timbri giusti per gestire una squadra con tanti giocatori poco meno che coetani e con esperienza calcistica ai massimi livelli superiore alla sua.

Un po' Sacchi, un po' Capello, un po' Ancelotti, insomma. Le premesse per costruire un ciclo ci sono tutte. Il “Conte Max” (come lo chiamavano i compagni di squadra per l'eleganza in campo e fuori), si è mangiato il primo, ma non ha nessuna intenzione di fermarsi: il banchetto è appena iniziato.