Parole dure, durissime. E' stata resa nota la lettera con cui il 17 agosto scorso il Milan ha sollevato dall’incarico “per giusta causa” l’amministratore delegato Marco Fassone. Nella missiva, firmata dal presidente Paolo Scaroni, si accusa l’ex a.d. di non aver operato nell’interesse del club e, di conseguenza, di non avere più la fiducia della proprietà.
“Le condotte da Lei tenute - si legge nella lettera - evidenziano una grave indifferenza e negligenza rispetto a fondamentali interessi della nostra Società e delle risorse in essa impiegate e operanti a favore della medesima e acquistano gravità ancora maggiore tenuto conto dell’elevata qualifica dirigenziale e della posizione apicale da Lei rivestita all’interno della nostra società. Non possiamo, poi, non rilevare come Lei abbia disertato, sistematicamente e senza alcuna valida e giuridicamente apprezzabile ragione, ogni incontro fissato ai fini delle audizioni a difesa ex art. 7 L. n° 300/1970, da Lei stesso richieste alla nostra Società puntualmente accordate, anche al fine di consentirLe la consultazione e l’analisi della documentazione alla base dei procedimenti disciplinari.
Peraltro, neppure Lei ha inteso fornire, con riferimento sia allo svolgimento delle audizioni richieste sia alla consultazione della documentazione messaLe a disposizione, alcuna Sua (e/o di un Suo rappresentante sindacale) disponibilità alternativa. Alla luce di quanto sopra, pare, allora, che le stesse richieste di audizione orale, rispetto alle contestazioni sub (i), (ii) e (iii) rivestano natura dilatoria e meramente strumentale, avendo Lei, vieppiù, compiutamente preso posizione, per iscritto, anche per il tramite dei propri legali, rispetto agli addebiti disciplinari.
Pertanto, i suddetti comportamenti e fatti, a Lei ritualmente contestati nelle richiamate lettere di contestazione disciplinare, integrano, valutati tanto singolarmente quanto nel loro complesso, violazioni dei doveri su di Lei incombenti, in relazione al rapporto di lavoro intrattenuto con la nostra Società, talmente gravi da non rendere possibile la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto medesimo, avendo determinato in maniera inemendabile e radicale, il venire meno dell’elemento fiduciario, che deve accompagnare ogni rapporto di lavoro subordinato, soprattutto se caratterizzato da elevata posizione e poteri, quale quello di cui Lei è parte. In considerazione dei suesposti motivi, ci vediamo pertanto costretti a risolvere per giusta causa, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2119 c.c., il rapporto di lavoro con Lei intrattenuto, per ciascuno dei fatti a Lei contestati e tanto più per il loro complesso. Le comunichiamo, pertanto, il Suo licenziamento per giusta causa e con effetto immediato ai sensi e per gli effetti dell’art. 2119 c.c. e con decorrenza ai sensi e per gli effetti dell’art. 1, co. 41 L. n°92/2012. La preghiamo, quindi, di provvedere, immediatamente, alla riconsegna dei beni e documenti aziendali attualmente in Suo possesso, nonché al rilascio ovvero alla liberazione dell’immobile da Lei occupato. In ogni caso, con la più ampia riserva di intraprendere qualsivoglia opportuna azione a nostra tutela”.