Mondiale senza pronostico a Ryadh (Emirati Arabi) tra Fury e Usyk in palio cinque corone.
Diretta su DAZN sabato alle 15
di Giuliano Orlando
Era la fine del 2012, i Giochi di Londra li avevano premiati con l’oro nelle rispettive categorie e adesso si apprestavano ad iniziare la carriera professionistica. Puntando direttamente per gli USA, alla corte di Bob Arum, patron della Top Rank. Mi riferisco a Vasyl Lomachenko e Olek Usyk, i due campioni ucraini reduci da una stagione appena conclusa, decisamente trionfale. L’anno prima, in occasione dei mondiali a Baku in Azerbajan, dove vinsero entrambi, trascorsi una serata con i due campioni, accompagnati dal tecnico Sergiy Karchynsky che negli anni successivi fece parte del team Milano Thunder e da Anatoly il padre di Vasyl. Il ristorante era gestito da un fiorentino, che cucinava piatti italiani, a dir poco deliziosi. Il pass per sciogliere la lingua a chiunque. Lomachenko era più loquace, mentre Usyk denotava una certa timidezza, che comunque si sciolse grazie alla ‘matriciana’ e alla ‘fiorentina’. “Sono nato a Sinferopoli in Crimea e il mio primo amore è stato il calcio, ho giocato nei giovanili della Tavrija Simferopol, la squadra della mia città. Poi mi sono infortunato. Per recuperare mi hanno mandato in una palestra dove praticavano anche la boxe. Ci provai e me ne innamorai. Avevo 14 anni e da allora non ho più smesso. Penso sia il mio futuro. Vasyl l’ho conosciuto in nazionale e siamo diventati grandi amici. Con suo padre ho compiuto grandi progressi”. La sua è stata una maturazione più lenta anche se era nato un anno prima di Lomachenko, a sua volta un fenomeno del ring. Ugualmente Olek si fa notare agli europei di Plovdiv in Bulgaria nel 2006, dove conquista il bronzo, non ancora ventenne. Partecipa a molti tornei, si qualifica per Pechino a Pescara, ma deve rinunciare alla finale per un problema alla mano sinistra. Finalmente nel 2008, dopo i Giochi in Cina, centra il primo oro agli europei di Liverpool in Inghilterra. Nel 2009 ai mondiali a Milano, si ferma al bronzo, stoppato dal russo Mekhontsev, giunto all’oro. Il mondiale di Baku, era il suo primo titolo importante, mentre Lomachenko sotto la guida del padre aveva già messo nel suo carniere ori iridati, da jr. nel 2006 nei pesi mosca e assoluto nel 2009 tra i piuma, preceduto dal trionfo olimpico a Pechino 2008, dove si prese la rivincita contro il russo Selimov, che lo aveva superato al mondiale del 2007 a Chicago, con un verdetto fischiatissimo dal pubblico. In quell’edizione Usik non faceva parte della nazionale. Vi entra in occasione delle Olimpiadi 2008. A fermarlo nei quarti fu l’azzurro Clemente Russo, che sconfisse anche il futuro campione del mondo da pro, Deontay Wilder, cedendo in finale per un pugno in più, assegnato al russo Chakhkiev (4-2). Da Baku 2011, inizia per Olek, la carriera di vertice in maglietta. Dopo l’iride in Azerbajan, nel 2012 vince l’oro olimpico a Londra, prende parte con l’amico Vasyl alle World Series ottenendo vittorie e le prime borse, sia pure modeste. A quel punto lo sbocco successivo è il professionismo. Ha 25 anni, un record impressionante in maglietta (335 vittorie e 15 sconfitte), lungo dieci stagioni, dal 2004 al 2013.
Il contatto con la Top Rank è opera di Egis Klimas, lituano residente a Washington, agente di alcuni dei campioni provenienti dall’Europa dell’Est, Russia e Ucraina in particolare. Bob Arum li riceve nel suo ufficio a New York, ascolta le richieste di entrambi ma accoglie solo quelle di Lomachenko. La categoria di Usyk non è ancora appetibile negli USA, che torna a casa e debutta nel novembre 2013 a Kiev, sotto la procura di Klimas, mentre i promoter sono Alexander Ktassyuke e la K2 dei fratelli Klitshko. Dopo soli cinque match conquista l’Intercontinentale cruiser e il 7 settembre 2016, sul ring di Danzica in Polonia, diventa campione del mondo WBO, scalzando il locale Glowacki, fino ad allora imbattuto (26), dominato largamente. Nel proseguo della carriera, lungo le sei difese, combattendo sempre fuori casa, a Mosca e Riga, ma principalmente in Inghilterra, accorpa le altre tre cinture di sigla e dopo il successo contro Bellew a Manchester, ottiene il primo invito negli USA, stavolta da campione, dove ritrova non solo il maestro Anatoly, il papà di Lomachenko a sua volta supercampione tra piuma e leggeri, ma anche la residenza a Oxnard in California. Debuttando nei massimi incrocia Chazz Witherspoon, eterna promessa con un buon record (38-3), stoppato al settimo round in quel di Chicago. L’unico fight disputato nel 2019. Nel 2020 combatte nella storica Arena di Wembley a Londra e conquista l’Intercontinentale WBO dei massimi a spese del battagliero Dereck Chisora, che getta il cuore oltre l’ostacolo ma non basta per battere uno che usa il cervello meglio dei guantoni. Qualche tempo dopo, la fortuna gli viene incontro, portandolo ad affrontare Anthony Joshua, il campione delle quattro sigle, sostituendosi a Tyson Fury, il rivale previsto, ma impossibilitato al confronto per l’impegno con Deontay Wilder, come da contratto, dopo averlo battuto l’anno prima. La Matchroom di Eddie Hearn, che guida il campione, sa che il mancino ucraino è tosto e intelligente ma confida che la diversa struttura a gioco lungo avrà l’affetto voluto. Usyk lo smentisce di brutto. Il 25 settembre 2021, allo stadio del Tottenham Hotspur, nella parte settentrionale della capitale, il mancino ucraino impartisce una lezione di boxe ad Anthony Joshua, battendolo in modo chiaro e diventando campione di quattro sigle (WBA, WBO, IBF e IBO), la quinta (WBC) la detiene appunto Tyson Fury. Usyk si conferma nella rivincita anche se deve faticare di più, vincendo per split decision, col solito giudice che favorisce il pugile di casa. L’ultimo incontro di Usyk (21) risale al 26 agosto scorso, disputato a Breslavia in Polonia, contro l’altro aitante inglese Daniele Dubois, che dopo qualche fiammata, deve arrendersi al nono round. Sabato alla Kingdom Arena di Riyad negli Emirati Arabi, è chiamato all’impegno più difficile della carriera. Impossibile da superare per gli scommettitori e gli esperti. L’avversario è un gigante di metri 2.06, a sua volta imbattuto e campione WBC. Il suo nome è Tyson Fury (34-0-1), origini Rom e irlandesi, capace di qualsiasi impresa e nefandezza. Alla fine di novembre 2015 sul ring di Dusseldorf in Germania, mette fine al lunghissimo regno di Vladimir Klischko, che a 39 anni, dopo 27 difese, deve lasciare il passo ad un gigante più alto e bravo di lui, capace di tenerlo a bada e perfino a irriderlo, salvo prendere il microfono a fine incontro per dedicare una canzone alla moglie. Un capolavoro che gli assicura tre cinture (WBA, IBF e WBO) e che con la stessa disinvoltura riesce a distruggerlo con le sue mani. Per festeggiare quel successo, inizia a drogarsi senza ritegno, inutili i tentativi di riportarlo in ragione. Il risultato è che perde tutto il capitale, ma quando sembra irrecuperabile, la famiglia e il suo procuratore Frank Warren, lo riportano a galla e il 9 giugno 2018, dopo due anni e mezzo di latitanza, si ripresenta sul ring di Manchester, per riprovare l’atmosfera del combattimento. Non è certo al top, le adiposità lo incorniciano, ha la pancetta del ‘cummenda’ milanese, ma gambe e braccia funzionano benino. Dopo aver battuto Sefer Seferi e Francesco Pianeta, un italiano residente in Germania, annuncia che si sente pronto addirittura per Deontay Wilder, campione imbattuto (40 match quasi tutti vinti per KO) per il WBC. Il primo dicembre 2018 a Los Angeles i due si affrontano. Sembra un suicidio annunciato, invece per dieci round l’americano vede le streghe e finisce al tappeto nel terzo e quinto tempo. Nei round finali, Wilder tenta di capovolgere la situazione e Fury rischia non poco. Alla fine viene fuori un pari che assomiglia ad un regalo. Per l’americano. Rivincita d’obbligo, fissata a Las Vegas il 22 febbraio 2020. Fury spedisce KO Wilder al settimo round, dopo averlo picchiato selvaggiamente e fatto contare svariate volte. Dimostrando una testardaggine incredibile e anche pericolosa, il texano ottiene un terzo match, il 9 ottobre 2021 sempre a Las Vegas, che diventa una mattanza. Wilder tira fuori l’orgoglio del campione che non ci sta alla resa e riesce a far contare Fury alla quarta tornata, dopo essere finito sull’orlo del KO in quella precedente. L’inglese d’Irlanda che in fatto d’orgoglio non è da meno, si riprende e inizia una punizione crudele, uno stillicidio di pugni precisi e pungenti, che sfiniscono l’americano, contato nella decima ripresa e finito in quella successiva, con un destro devastante e impressionante. Fury sale ancora sul ring sei mesi dopo e mette out il connazionale Dillian Whyte al sesto round, altri sei mesi e a finire KO tocca a Derek Chisora, che era al terzo confronto con Fury. A quel punto il campione si diverte ad annunciare il ritiro dall’attività la domenica, per ripensarsi il lunedì. Un balletto che la stampa incoraggia anche se sa benissimo che l’ormai non più giovanissimo pugile (35 anni) quello che cerca è una sfida che gli porti tanti soldoni. Prima di averla trovata, lo scorso ottobre combatte contro Francis Ngannou, campione MMA, che approfittando della condizione penosa di Fury, si permette di metterlo a sedere, sfiorando l’impresa clamorosa, battuto per split decision. Stavolta deve fare sul serio e i pronostici gli danno ragione. In partenza tutto è a suo favore. Sovrasta Usyk in altezza (15 cm) in allungo (18 cm), più picchiatore con 24 KO sulle 34 vittorie, media del 70%, contro il 50% dell’ucraino. La differenza di peso è abissale, minimo 20 kg. Tecnicamente, pur diversi non sono molto distanti, anche quella di Usyk è più ortodossa. Entrambi molto mobili, miglior gioco laterale per l’ucraino, ma Fury è imprevedibile e colpisce da ogni posizione. Sicuramente è più potente, mentre Usyk ha nella precisione e nel gioco di rimessa le armi migliori.
Tutta la riunione verrà trasmessa in esclusiva per gli abbonati DAZN, attivo con relativo account già impostato e un dispositivo compatibile. L’inizio è previsto nelle prime ore del pomeriggio di sabato 18 maggio, mentre la sfida tra Fury e Usik, inizierà alle ore 16.
Giuliano Orlando