I mondiali femminili alle finali. India favorita dai giudici, Cina e Colombia protagoniste. Naufragio russo e uzbeko. Charaabi e Testa finaliste.
di Giuliano Orlando
La maratona mondiale al femminile è arrivata alle finali. A New Dehli (India) presenti 78 nazioni e 324 atlete (non 380 come riferisce il sito federale), col ritorno di Russia e Bielorussia, escluse a Istanbul 2022, ha segnato il naufragio dello squadrone di Mosca, presente in tutte e 12 le categorie, con sole 3 semifinaliste e due finaliste. Clamorosamente battute Chumgalakova (58) europea 2017 e 2019, Paltceva (50) europea 2018 e iridata 2019, superata dall’azzurra Sorrentino, Aedma (52) fuori al debutto dall’australiana Suraci battuta poi dalla nostra Charaabi, Tazabekova (54), Vorontsova (57) argento iridato 2019, vincitrice della nostra Testa allo Strandja dello scorso febbraio, superata nettamente dalla francese Zidani, giunta in semifinale, Golubeva (60) messa out dall’algerina Hadjilava, Amineva (66) vittima dell’altra algerina Khelif, Shamonova (75) all’ennesima delusione dopo aver dominato nelle giovanili, fatta fuori dalla panamense Bylon, oro ai mondiali 2018, 34 anni contro i 23 della russa e la Medenova (81) eliminata dall’australiana Greentree. Sono arrivate al podio Sychugova (63) graziata contro la thai Thananya con un 3-2 molto dubbio, l’elegante De Murchian (70) ai vertici già nelle youth e la Pyatak (+81) che senza combattere è arrivata in semifinale, avendo la turca Guneri dato forfait. Fuori tutte le uzbeke approdate in dieci, molto forti ma ancora carenti tecnicamente. Sette cinesi in semifinale, ma solo tre in finale, stessa sorte del Kazakistan sei sul podio, solo due finaliste. L’Australia presente con otto atlete, ne ha portato due in finale e ne avrebbe meritato tre, se i giudici avessero dato giustamente la vittoria alla Green Tre, che aveva battuto l’indiana Saweety negli 81 kg. Delusione forte per la Francia, con nove atlete molto quotate. Delle tre semifinaliste nessuna è approdata in finale, perdendo per strada Moulai (52) che puntava all’oro, la Mancini (54) e, clamorosamente la Mossely 60) oro olimpico a Rio 2016, professionista dal 2018, mondiale IBO, 30 anni, sicura di arrivare in India e fare piazza pulita, invece trova la colombiana Valdez che la subissa di pugni e vince 5-0! L’Italia presente con 8 atlete, ha portato Charaabi (52) e Testa (57) addirittura in finale, podio che avrebbero meritato anche la Sorrentino (50) e la Carini (66) maltrattate dai giudici. La Savchuk (54) lo ha sfiorato, battendo le quotate Zekic (Serbia) ed Echegaray (Australia), ma ha subito il ritmo ossessionante e coordinato della mongola Munguntsets, una macchina da guerra. La Canfora (63) è stata vittima di un arbitro da cacciare, il danese Kent Hansen, un ciccione che dopo un minuto di match, la contava su un colpo senza conseguenze contro la colombiana Camilo e la dichiarava out, senza motivo. Lasciando tutti basiti. Che sia stato immediatamente tolto dalla lista, rende ancora più amara la decisione di questo danese incapace che ferma ingiustamente un’atleta che poteva arrivare sul podio e guadagnare anche un bel premio. Raggiunto dalla colombiana! Hanno deluso purtroppo Bonatti (48) e Mesiano (60) decisamente sotto tono. Ai mondiali 2019 in Russia, l’Italia conquistò l’argento con la Carini e lo scorso anno a Istanbul, escluse Russia e Bielorussia, nei 57 kg. Irma Testa dopo il bronzo olimpico, conquistò l’argento, superata dall’esperta Lin Y (Taipei), oro 2018, 2019, bis a Istanbul, mentre nei 60 kg. l’inossidabile Mesiano arrivava al bronzo. Stavolta Irma e Sirine hanno disputato le semifinali alla grande. La Testa ha battuto la francese Zidani, con un terzo round che ha cancellato ogni dubbio e in finale incrocia l’esperta kazaka Ibragimova, capace di bissare l’impresa raggiunta a Marrakesh nel Golden Belt Series - dove la nostra Charaabi vinse l’oro - a febbraio, ripetendosi ai mondiali contro la Lin Yu. Per Irma, anche se l’asiatica è fortissima, meglio un’attaccante, piuttosto che un’attendista.
Stavolta sul podio ci sono due azzurre, in una rassegna, che pur boicottata e non poco (venti nazioni hanno disertato) ha offerto un livello tecnico assoluto, con India, Kenya, Russia, Turchia, Cina e Kazakistan, al completo, l’Uzbekistan in 10, oltre a Colombia, Taipei e Francia (9), Australia, Thailandia, Ungheria, Mongolia, Giappone, Vietnam, Messico, Corea e Italia (8) giunte con ambizioni, lo stesso si può dire anche per Bulgaria, Brasile, Marocco, Algeria, Romania, Serbia, Azerbajan e non solo. Che per molte sia andata male, fa parte di ogni campionato. Alla fine, in rapporto ai risultati l’Italia è stata tra le più solide. Due finaliste non capitava dal 2002 ad Antalya in Turchia, alla seconda edizione dei mondiali, dove Simona Galassi vinse l’oro nei 51 kg. e la Davide l’argento nei 54. La Galassi fece il tris nel 2005 in Russia, unica azzurra a compiere tale impresa. Il quarto oro spetta alla Mesiano nel 2016 in Kazakistan. Nel medagliere assoluto l’Italia ha vinto quattro ori, cinque argenti e quattro bronzi.
Il bilancio delle semifinali premia a iosa l’India padrona di casa, con quattro atlete in finale, in realtà un bilancio inferiore alle loro attese, tre alla Cina, bistrattata dai giudici, stesso risultato per la Colombia, sorpresa del torneo, con atlete molto battagliere e forti, a quota due oltre all’Italia, ci sono Kazakistan piuttosto deluso, come la Russia e l’Australia. Mongolia, Algeria, Marocco, Taipei, Vietnam e Brasile una finalista. In semifinale, la marocchina Mardi (+81) argento uscente a Istanbul, ha riempito di pugni la russa Pyatak, che andava fermata fin dal primo round. L’arbitro indiano Sai Ashok Kabilan ha lasciato correre fino alla fine. Col risultato che al termine, la russa aveva il viso gonfio come un melone. Tutto il contrario dell’arbitro danese che aveva fermato la Canfora senza che avesse preso un vero pugno. Entrambi da cacciare. Il Brasile ripropone la Ferreira, oro nel 2018, argento lo scorso anno, che affronta in finale la colombiana Valdez, mancina sempre all’attacco, ma forse un gradino sotto. Il Vietnam, che ha svolto la preparazione in Cina, arriva con la Nguyen (50) per la prima volta in finale - nel 2019 approdò a due bronzi - ma trova l’indiana Nikhat, arrivata in finale rubando la vittoria alla thai Raksat nei quarti e difficilmente la spunterà. Posso sbagliare ma l’India porterà a casa quattro ori. Nessuna meraviglia, l’anno scorso a Istanbul la Turchia fece sfracelli, 5 ori e un bronzo, a New Dehli con la squadra al completo torna a casa senza un podio! Si debbono accontentare del bronzo Francia (3), Bielorussia (1), Corea (1), Giappone (1), Azerbajan (1) e Thailandia (1). Addirittura a zero Bulgaria, Armenia, Messico, Ungheria, Serbia, Spagna, Romania e Uzbekistan. Delle 78 nazioni al via, sono riuscite a salire sul podio in 19. Oggi venerdì 24 marzo giornata di riposo, le finali diluite in due giorni, sabato 25 e domenica 26 marzo. Avremo dodici categorie premiate con tanti dollari e altrettante campionesse del mondo. Di queste saranno al via delle preolimpiche nei vari continenti solo sei categorie per il settore femminile. Precisamente 50, 54, 57, 60, 66 e 75. A Cracovia (Polonia) dal 23 giugno al 2 luglio, si disputa la prima selezione preolimpica in vista di Parigi 2024, dove affluirà il meglio dell’Europa, senza Russia e Bielorussia. Quello che preoccupa e non poco è la politica dell’IBA che da una parte offre il ramo d’ulivo e dall’altra lavora per scavare un fossato col CIO, trattando con la WBA, quindi con i pro, facendo addirittura balenare l’idea di creare l’alternativa ai Giochi, con un torneo che lo sostituisca, forte dell’alleanza asiatica e di qualche altra nazione degli altri continenti, promettendo premi sostanziosi grazie allo sponsor putiniano Gazprom. Resta un particolare non secondario. I Giochi olimpici non possono essere sostituiti con succedanei, anche se grondano di rubli. Questo va ribadito e detto chiaro, anche se i soliti superesperti lo lanciano come uno scoop atomico.
Giuliano Orlando