Londra 2012: Montano, non un atleta come gli altri. Fotogallery

Pubblicato il 3 agosto 2012 alle 23:19:54
Categoria: Olimpiadi
Autore: Piergiuseppe Pinto

Guarda la fotogallery del bronzo azzurro nella sciabola a squadre maschile

Aldo Montano non è un atleta come tutti gli altri. È diverso. Lo capisci quando esce dalla pedana festeggiando l'ennesima impresa e i giornalisti prima di intervistarlo lo abbracciano. Lo vedi nei volti commossi delle signore, per quello che tutte vorrebbero come figlio. D'altronde risponde alla trinità dei desideri: bello, bravo e simpatico. Quelle più giovani, invece, non si commuovono; loro sorridono ammiccanti.

Traspare dagli spalti e da quel grido "Aldo, Aldo" che ne accompagna ogni stoccata, che allieva l'infortunio di cui è - ancora una volta - vittima. C'è nel gesto di alzare il braccio al più giovane della compagnia (e il più decisivo in finale) Gigi Samele, dopo il bronzo conquistato con la squadra di sciabola azzurra a Londra 2012. E nella dedica a quello rimasto a casa: Giampiero Pastore. In quell'urlo dopo la stoccata decisiva data alla Russia, che ricorda tanto Atene 2004, quando bucò lo schermo delle televisioni italiane.

Aldo Montano non ha la faccia da atleta. Sembra più un attore, un personaggio da soap. Uno che si diverte la sera, uno che ha "la fila nel letto". Fuma Montano (come quasi i nostri medagliati della scherma). C'è addirittura qualcuno che continua a dire che diserti palestra e allenamenti in nome della celebrità. Ovviamente non è vero, ma se così fosse, Aldo Montano, sarebbe ancora di più un fuoriclasse unico. Perché a lui sembra che tutto venga facile, naturale. Sale in pedana con uno strappo, con un tendine a pezzi, con il ginocchio in frantumi e scende con una medaglia.

Non vince semplicemente, infiamma la folla. Perché arricchisce ogni trionfo con un'impresa. Si esalta nella difficoltà e da leader vero vuole la responsabilità di essere l'ultimo. Quello che quando vinci sei un eroe, ma quando va male ti danno del bidone. Aldo Montano ha l'immunità di chi non si prende sul serio, mai. Con quel 0586, prefisso della sua Livorno, tatuato addosso e ora la scritta "God save the Queen" sui capelli. A quasi 34 anni ha ancora l'aria di chi è lì per caso. Come se fare scherma fosse - anche adesso, dopo quattro medaglie olimpiche - un gioco, un diletto. Un dono.

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