Uno dei nipoti di Edoardo Mangiarotti è Marco, celebre giornalista del Giorno di Milano e uno dei critici musicali più affermati dell'intero panorama nazionale e internazionale. Lo raggiungiamo telefonicamente in via Solferino, dove ha immediatamente raggiunto la cugina Carola, figlia di Edoardo. Se la carriera e lo straordinario palmares spiegano alla perfezione che cosa ha rappresentato Edoardo Mangiarotti nella storia della scherma e, in generale, dello sport italiano, le parole di Marco ci aiutano a comprendere meglio il personaggio e a inquadrarlo nella storia del nostro Paese. “Zio Edoardo – spiega Marco Mangiarotti - ha rappresentato nella sua epoca quello che negli anni successivi sono stati atleti come Panatta o Del Piero: belli, atletici, vincenti. Erano famosi come gli attori e facevano innamorare di sé tutte le ragazze”.
A quell'epoca Marco viveva a Bergamo con la famiglia, ma veniva spesso a Milano dove si trovava la scuola di schema nella quale si allenava lo zio. “Ho molte foto di me in braccio a zio Edoardo: lui era sempre elegantissimo, alto, vestito in doppiopetto”. Edoardo fu il frutto agonisticamente più pregiato di una famiglia che, sulle orme di papà Giuseppe, fece della scherma un'autentica arte. “Il capostipite Giuseppe - racconta Marco – non solo partecipò alle Olimpiadi di Londra 1908, ma si esibì alla corte delle principali monarchie d'Europa. Era l'inizio del secolo e gli schermidori erano veri e propri divi”. Tutti e tre i figli di Giuseppe, cioè Edoardo, Dario e Mario (il papà di Marco), furono iniziati alla scherma. Le qualità di Edoardo erano di livello superiore: “Lui in pedana diventava implacabile, feroce, mentre il fratello Dario rappresentava la fantasia e mio papà Mario era l'esteta”. Fu la ferocia agonistica, quindi, a determinare il palmares che conosciamo. “Tutti oggi parlano del record di medaglie olimpiche di zio Edoardo – sottolinea Marco - ma vorrei ricordare che lui ha vinto anche 26 medaglie mondiali, in un'epoca – tra l'altro - nella quale le manifestazioni non erano numerose come oggi”.
Il ritiro di Edoardo Mangiarotti dalla scena agonistica dopo le Olimpiadi di Roma 1960 fu seguito da una grande carriera da dirigente sportivo, ma non solo. Una delle sue attività fu, dal 1949 al 1972, la collaborazione con la Gazzetta dello Sport, dove fu portato dall'amico Gianni Brera e per la quale si occupava naturalmente di scherma. Edoardo raccontò da atleta-inviato anche le Olimpiadi di Roma 1960, con l'oro vinto dalla squadra di spada, una medaglia alla quale aveva contribuito in modo decisivo. L'aneddoto gustoso sgorga naturale, vista la professione di Marco: “A volte capitava che le gare durassero un po' troppo. Allora dalla redazione iniziavano a cercarlo per sollecitargli l'articolo, ma lui era ancora in pedana...”.