Mouhiidine, Cavallaro, Charaabi e Sorrentino subito fuori!

Pubblicato il 30 luglio 2024 alle 07:07
Categoria: Boxe
Autore: Wilma Gagliardi

 

Mouhiidine, Cavallaro, Charaabi e Sorrentino subito fuori! 

Ma chi caccia via certi giudici? Il +92 Lenzi passa ai quarti, la Mesiano si ferma.


di Giuliano Orlando

Dopo tante delusioni, la prova maiuscola dell’emiliano Diego Renzi nei +92, che i pronostici davano nettamente sconfitto contro il gigante di colore Joshua Edwards degli Stati Uniti, 24 anni, qualificatosi alla preolimpica di Santiago del Cile, con grande sicurezza battendo Congo (Ecuador), ridicolizzando il cubano Arzola e vincendo la finale senza combattere per il forfait (infortunio) del brasiliano Texeira, ridà un pizzico di speranze alla nazionale in guantoni, che ha ormai ridotto i quadri a tre soli nomi. Oltre a Renzi restano Irma Testa (57) e Angela Carini (66) in gara. La prima, alla terza presenza olimpica, che difende il bronzo di Tokyo, combatte domani contro la cinese Zichun Xu, 28 anni, alla prima esperienza ai Giochi, mentre la seconda sale sul ring giovedì 1° agosto e trova la quotata algerina Imane Khelifi, 25 anni, presente a Tokyo nei 60, la punta dalla squadra nordafricana. Rivale scomoda, per la boxe sfuggente e furba. Tornando al giovane azzurro, proveniente dal gym Alto Reno a  Berzantina alla porte di Bologna,  diretto dal maestro Michele Adducci, cresciuto dagli assoluti 2022 a Gallipoli, quando si impose in semifinale al più esperto romano Mirko Garbotti e in finale a Tonyshev, in modo esponenziale, facendo utile esperienza nei tornei in Europa. Sfrutta bene la boxe da brevilineo colpendo rapido e preciso dopo essersi avvicinato all’avversario muovendo il tronco. Così ha fatto contro un avversario che lo sovrastava nella stazza, ma non sapeva evitare i colpi del nostro guerriero. Bravo anche nell’ultimo tempo, quando Edwards, resosi conto di essere indietro ha tentato di metterla sulla rissa, per far prevalere la superiorità atletica, Renzi lo ha atteso ben chiuso per colpirlo di rimessa.  Venerdì avrà di fronte il tedesco Tiafack, altro gigante di colore, campione d’Europa 2022 a Yerevan in Armeni, che ha battuto con una certa facilità l’azero Abdullayev, un rivale alla sua portata. Ha impressionato la potenza dell’australiano Teremoana, che ha messo KO al primo round l’ucraino Lovchynskhi, mentre l’uzbeko Jalolov, 30 anni, un gigante di m.2.01, residente a New York, oro uscente e professionista dal 2018 con 14 vittorie tutte per KO, strafavorito a Parigi. Un assurdo assoluto, togliendo ai veri dilettanti il diritto di battersi alla pari. Purtroppo, nessun ente muove un dito per cancellare una normativa assurda. Nulla da fare per la romana Alessia Mesiano, alla quale posso fare solo i miei complimenti personali. Dopo aver battuto la turca Ozer in modo chiaro, ha trovato l’irlandese Kellie Harrington, 34 anni, ai vertici da un decennio, oro a Tokyo, oro iridato 2018, europea 2022. A Belgrado ai continentali 2024, dove è finita terza, battuta in semifinale dalla serba-russa Shadrina, ha svolto utile allenamento per presentarsi ai Giochi pronta per al bis. L’azzurra non è stata a guardare, ha lottato e replicato, ma la sua boxe frontale si prestava ai rientri dell’irlandese abilissima nei colpi esterni, oltre che a breve distanza. Peccato per la nostra azzurra aver incrociato la favorita del torneo. Bastava una rivale più accessibile per puntare al podio.                                                                                                                                                 

La signora tedesca Susann Kopke, l’olandese Cem Dunar, l’algerino Sid Ali Mokretari e il cingalese Nelka Thampu potranno vantarsi o forse meglio vergognarsi di aver buttato fuori all’esordio dei Giochi di Parigi, il pugile azzurro Aziz Abbes Mouhiidine, uno dei favoriti all’oro tra i 92 kg. Solo il giudice Chia Chan Lin di Taipei ha avuto l’onesta di segnare un giusto 30-27 per l’italiano, come il ring aveva dimostrato. L’avversario, il non certo disprezzabile uzbeko Lazizbek Mullojonov, 25 anni, professionista dal 2021, con quattro vittorie   tutte per KO, al risultato è stato il primo ad essere rimasto sorpreso, consapevole di aver perduto. Nel primo round l’italiano veniva ferito all’attaccature del sopracciglio destro, per una testata che l’arbitro canadese Verhoeven, soggetto fuori peso, decisamente inadatto a condurre un match, ignorava totalmente, salvo chiamare il medico che dava il via libera per il proseguimento. Ripresa equilibrata, che i giudici orzavano 4-1 a favore dell’asiatico, con eccessiva generosità. Le altre due riprese erano nettamente per l’azzurro, più preciso e continuo. Ma quattro giudici vedevano o sceglievano proditoriamente il meno meritevole uzbeko. Che in attesa di riprendere l’attività da pro, sospesa il 26 agosto 2023, disputando il quarto e finora ultimo incontro senza maglietta, con Frank Warren, il potente organizzatore inglese, che gestisce anche Usyk, spedendo KO all’ottavo round il kazako Amanzolov (7-1) fino a quel momento imbattuto sul ring di Wroclaw in Polonia, a questo punto si trova la porta spalancata per il podio a Parigi. Sempre nei 92 kg., a completare il disastro, altri tre giudici folli, indicano Alfonso Dominguez, diventato azero nel 2018, dopo una lunga carriera a Cuba dove è nato e cresciuto, vincitore di Julio la Cruz, 35 anni, attivo dal 2009, l’ultimo mostro sacro della nazionale caraibica, 16 volte campione nazionale, oro a Rio e Tokyo, cinque volte iridato, l’ultima nel 2021 a Belgrado, quando ottenne il verdetto sul nostro Mouhiidine in finale che si era dimostrato nettamente migliore. Superiorità riconosciuta al Golden Belt Series disputato a Marrakesh in Marocco nel 2023, con l’azzurro vincitore netto contro il cubano sempre in finale. Con la beffa che i vari Reyes (Spagna) ennesimo cubano giunto in Europa, l’irlandese Marley e il kazako Oralbay da lui battuti, si potranno battere per il podio, mentre Aziz dovrà fare ingiustamente da spettatore. Il problema dei giudici e anche degli arbitri non è recente, si perde nella notte dei tempi, addirittura con la nascita dei Giochi (1896), per la precisione nel 1904 a St. Louis negli USA quando entra il pugilato per la prima volta, quindi alla terza edizione, con i soli pugili USA presenti. Nella finale dei 65,8 venne data la vittoria ad Albert Young su Harry Spanier che aveva già vinto l’oro nei 61, scatenando la rabbia dei tifosi dello sconfitto, minacciando l’incolumità sia dell’arbitro che del campione. Dovette intervenire la polizia con gli idranti per raffreddare i bollori dei fans dello sconfitto. Per arrivare ai tempi più recenti. A Los Angeles 1984, Giochi osteggiati da Russia e Cuba, oltre ai Paesi nell’orbita dell’ex Urss, nella semifinale degli 81 kg. l’arbitro squalifica al secondo round Evander Holyfield, che aveva dominato il match contro il neo zelandese Kevin Barry, spedito al tappeto nel secondo round, su un presunto colpo basso. Ero presente a bordo ring e come molti altri colleghi ci parve regolare. Comunque Barry non si rialzò, quindi fu un KO, con la squalifica di Holyfield da parte dell’arbitro yugoslavo, connazionale di Josipov, che in precedenza aveva superato l’algerino Moussa. Tale verdetto permise a Anton Josipov di vincere l’oro, senza combattere, visto che Barry era impossibilitato a salire sul ring. Scandaloso fu anche il verdetto che assegnava la vittoria in semifinale a Henry Tillman, pugile di casa sul nostro Angelo Musone nei 91 kg. Ai Giochi di Seul 1988, i giudici si trovarono nelle loro stanze Rolex autentici per “orientare” i verdetti verso i pugili di casa. Il nostro Nardiello e ancor più Roy Jones (Usa) ne furono vittime illustre, con Park Si Hun portato letteralmente all’oro. Jones che sovrastava tutto il lotto della categoria, venne premiato o meglio beffato, con l’assegnazione della Coppa Val Barker il trofeo che indica il miglior pugile dei Giochi. A Londra nel 2012, nei supermassimi l’inglese Anthony Joshua “doveva” vincere l’oro per due motivi precisi: assicurarsi la quotazione stellare come campione olimpico, facilitando l’ingaggio con l’organizzazione scelta sia con le emittenti televisive che gli sponsor. A rompere le uova nel paniere trovarono il nostro Roberto Cammarello che dopo aver sofferto sia contro il marocchino Arjaoui nei quarti e il russo-azero Medzhidov, capovolgendo una situazione che appariva disperata, in finale strabattè l’inglese. I giudici fecero i salti mortali per favorire Joshua ma non andarono oltre la parità. A quel punto gli interessi politici di connivenza con l’AIBA, trovarono nella maniera più sporca possibile il modo di inventarsi la vittoria di Joshua, andando a scovare il numero totale dei colpi a segno lungo tutto il match. Una vicenda da vergognarsi tutta la vita. Cosa che, come prevedibile, non fecero assolutamente. A Rio nel 2016 sempre WU e KIM i due dittatori dell’AIBA, inventarono un gruppo di arbitri che definirono perfetti per quelle olimpiadi. Ai fatti questi signori saranno anche stati bravi, ma pure troppo venali: per qualche dollaro in più guidavano il prescelto alla vittoria. Denunciata la faccenda, l’AIBA volle mostrare la faccia feroce, sospendendo tutti e 36 i signori in bianco, in attesa di giudizio. Che ha distanza di 8 anni, deve ancora arrivare. Nel frattempo WU e KIM sono stati cacciati, l’AIBA è diventata IBA (troppo russificata) ed è finita fuori dai binari del CIO, per aver ignorato le richieste di chiarezza e cambiamento di rotta a partire dallo sponsor e tante altre cose. A Parigi arbitri e giudici fanno disastri a non finire, mentre 36 colleghi di buona qualità, che avrebbero potuto sollevare il livello emettendo verdetti corretti, restano a casa. Noi ci lamentiamo a giusta ragione, non per Aziz, ma anche per l’atteggiamento degli arbitri. Il marocchino Abbar Bachir, dopo che la nostra Charaabi aveva vinto il primo round, commina due richiami all’azzurra nel giro di pochi secondi l’uno dall’altro, ti chiedi se è in buona fede o meno. Al di fuori del verdetto finale. Giordana Sorrentino (50) di fronte alla kazaka Kyzaibay non mi era parsa inferiore nei primi due round, semmai più precisa anche se meno potente. Mentre gli addetti di Eurosport raccontavano un match a senso unico per l’asiatica. Questi soggetti mi sembrano capitati per caso, con vaghe idee sulla materia. Che poi non siano interessati ai problemi che affliggono la nostra boxe (arbitri e situazione politica) non gli fa onore e denota l’ignoranza di situazioni importanti da risolvere. Come se un farmacista alla richiesta del cliente di avere delucidazioni sul medicinale che acquista si sentisse rispondere: “Non so nulla, sono qui per vendere, mica per spiegare l’effetto che fa”!  L’Italia dimezzata sin dall’avvio non è certo una bella notizia. Salvatore Cavallaro è stato inferiore alle attese nel senso che doveva usare una tattica più offensiva contro il turco Aykutsun, abile nell’eludere gli assalti isolati rientrando con precisione. Cavallaro, medio naturale aveva una sola scelta per strappare il verdetto: andare all’attacco senza soluzione di continuità, per togliere il tempo di ragionare al rivale che è di buon livello, anche se al prossimo impegno contro il cubano Lopez Cardona, oro uscente, ha poche carte da giocare per vincere. Dicevo dei giudici scriteriati e non solo per l’Italia. L’Inghilterra ha perduto la Davison contro la titolata turca Akbas, iridata 2022, con un 3-2 poco convincente e la Eccles (66) altro 3-2 a favore della polacca Rygielska. L’elenco potrebbe andare avanti, ma penso non valga la pena di proseguire e il disastro dei giudici potrebbe avere conseguenze molto, molto serie, per lo stesso movimento del pugilato.

Giuliano Orlando