L'attaccante del Napoli Dries Mertens ha concesso oggi un’intervista ai microfoni di Radio Kiss Kiss Napoli nel corso della trasmissione Radio Goal. Il talento belga ha parlato della sua esperienza a Napoli, dei suoi compagni, di razzismo e soprattutto della seconda parte di stagione che che vedrà la squadra partenopea impegnata a confermarsi in campionato e, perché no, a vincere l'Europa League.
SU NAPOLI - "Qui sono cresciuto, la gente mi tratta bene, questa è casa mia. Con le persone c’è un grande amore. Mi regalano di tutto e di più, principalmente cibo ma non so cucinare. Quando sono arrivato qui mangiavo solo mozzarella, ora amo il caffè".
SUL GRUPPO - “Siamo insieme da tanti anni ed è per questo che siamo una famiglia. A maggior ragione con Ancelotti, che è più tranquillo di Sarri, ci permette di far venire la famiglia. Siamo più tranquilli. Ma non solo lui, anche il suo staff è composto da gente perbene. Gli piace conoscere Napoli, tant’è che spesso chiede a noi i ristoranti in cui andare. Io gli ho dato qualche consiglio. Io penso che faccia bene: è venuto qui e vuole viversi Napoli”.
SULLO SCUDETTO - "Noi vogliamo continuare a stare dietro alla Juve. Sicuramente loro hanno una grande potenza economica ed è difficile per tutte poter competere. Noi dobbiamo pensare alla nostro cammino cercando di vincere quante più partite sarà possibile. La scorsa stagione abbiamo dato battaglia fino alla fine e ci proveremo anche quest'anno. C'è anche uno scontro diretto. Non si sa mai, la Juventus può perdere punti e fiducia e noi dobbiamo essere qui".
SULL'EUROPA LEAGUE – "Sono sicuro che possiamo vincere l'Europa League. Siamo stati sfortunati in Champions League, abbiamo perso solo col Liverpool in un girone con due candidate alla vittoria finale. Ma abbiamo fatto ottime partite, anche senza superare il turno".
SU ALLAN – “Napoli significa crescita, a Napoli si cresce. Anche Allan ne è la riprova, così come Koulibaly e tutti gli altri ragazzi che stanno crescendo”.
SUL RAZZISMO - "Non capiamo questi ululati che fanno a ragazzi come Koulibaly. Per me Kalidou è un fratello e nello spogliatoio l'ho visto proprio male male. Non per il cartellino rosso, si sentiva male perché sentiva d'aver perso contro il razzismo".