Oliha incanta, Alvarez batte Berlanga.

Pubblicato il 18 settembre 2024 alle 15:09
Categoria: Boxe
Autore: Wilma Gagliardi

 

Oliha incanta, Alvarez batte Berlanga.

Sabato Dubois-Joshua aspettando Bivol-Bertebiev e Usyk-Fury.

di Giuliano Orlando

Sul rin di Charlottenburg, sobborgo di Berlino, un Etinosa Oliha (21), 26 anni, in grande spolvero, ha spazzato via in meno di tre round, Alex Pavlov (21-4), che sulla carta sembrava rivale ostico, conquistando oltre alla vittoria il diritto di puntare al mondiale IBF al momento del kazako Zhanibek Alimkhanuly (15), 31 anni in grande difficoltà a restare nei medi. La sfida col tedesco ha confermato i progressi tecnico e tattici dell’astigiano, di origini nigeriani, cresciuto all’ombra della SKull Boxe Canavesana.  “Sono entrato in palestra a 14 anni, accolto dal maestro Davide Greguoldo, che mi è sempre stato all’angolo. Una persona stupenda che mi ha fatto crescere anche come uomo. Di Pavlov avevamo visto alcuni filmati e studiato la tattica giusta. Non dovevo dargli il tempo di chiudere la distanza, tenerlo lontano con jab sinistro e quando si avvicinava sparare il destro. Così ho fatto e il risultato è arrivato anche prima del tempo previsto”.                  Dopo la cintura IBO sei arrivato alla soglia del mondiale IBF. Mica male a 26 anni. “Essermi affidato alla Agon Sports & Events di Ingo Volckman e Hagen Doering nel 2023 è stata una buona scelta. Con loro ho combattuto quattro volte migliorando sempre la mia quotazione, oltre ad aver conquistato il mondiale IBO, arrivando ad essere lo sfidante IBF. Certo era mio dovere non deludere le attese e col mio maestro Davide abbiamo lavorato duro, allenandoci in giro per l’Europa e anche negli USA, cercando sempre di migliorare. Ho ancora margini e per questo ogni match è una tappa verso altri traguardi. Adesso aspetto di conoscere chi potrebbe essere il mio prossimo avversario, sperando di combattere per il mondiale IBF”.                                      

     Ci sono possibilità di esibirti in Italia? “Non lo escluderei, anche se in Germania i miei tifosi aumentano ad ogni match e ci sono tifosi del Piemonte che vengono dove combatto. Le mie vittorie sono anche per loro”.

L’atteso scontro tra l’idolo messicano Saul Alvarez (62-2-2) e il portoricano Edgar Berlanga (22-1), disputato alla T Mobile Arena di Las Vegas ha mantenuto le attese solo nel risultato, molto meno sul piano spettacolare. Alvarez che ha 34 anni compiuti 18 luglio, vent’anni di attività (dilettante dal 2004 al 2004 con 44 vittorie e due sconfitte) pro dal 2005 quindicenne, ai massimi livelli, titolare delle varie sigle dai superwelter ai mediomassimi, è apparso in fase discendente, sia pure con grande dignità. Nell’occasione difendeva le cinture supermedi WBC e WBO e affrontava un rivale al massimo della condizione con i suoi 27 anni e un record immacolato. Nonostante Alvarez abbia centelinato lo sforzo, ha fatto contare il portoricano al terzo round su un gancio sinistro al mento, una brutta sensazione per il giovanotto che mai era finito al tappeto in otto stagioni di attività. L’incidente non gli ha impedito di rialzarsi e provare in ogni modo di capovolgere un confronto sempre in salita, salvo un paio di round a lui favorevoli, il resto è stato sempre di marca messicana. La corposa riunione allestita da Tom Brown, ha visto altri confronti con picchi spettacolari come succede quando arriva il KO.  Il non più verde cubano Erislandy Lara (32-3-3), 41 anni lo scorso aprile, pro dal 2008, dopo il secondo tentativo di lasciare Cuba. La prima volta nel 2007, in occasione dei Panamericani di Rio, fuga allestita dalla Arena Box-Promotion del turco Ahmet Oener, che operava in Germania. Nel frattempo Lara aveva deciso di passare pro negli USA e Oener avvisa la polizia locale dell’intenzione di non rientrare a Cuba, assieme a Guillermo Rigondeaux, oro ai Giochi 2000 e 2004 e sette volte campione nazionale. La polizia brasiliana li arresta rispedendoli a Cuba. I due assicurano che non avevano intenzione di lasciare Cuba, solo una vacanza prolungata. Il sommo leader Fidel Castro, furioso per la fuga riuscita di Yan Bartelemy, Yuriorkis Gamboa e Odlainer Solis ori di Atene 2004, non li perdona: fuori dalla squadra per i Giochi di Pechino 2008. Lara non si arrende e qualche mese dopo, fugge in motoscafo e approda in Messico verso gli USA e poi in volo in Germania alla corte di Ahmed Oener. Rigondeaux lascia Cuba nel gennaio del 2009 e sceglie subito Miami in Florida, dove risiede la maggior colonia cubana. Debutta a maggio e prosegue con i fratelli De Cubas che gestiscono molti caraibici. Nel 2013 conquista il mondiale supergallo WBO battendo il filippino Nonarie al termine di una sfida molto equilibrata. Tre difese poi lascia la cintura. Nel 2017 conosce la prima sconfitta contro l’ucraino plurititolato Lomachenko e la seconda nel 2021 dal filippino Casimero. L’ultimo match il primo dicembre scorso a Miami, mette KO alla 7° il portoricano Charlie Andino (12-3), a quel tempo imbattuto. Il 30 settembre compirà 44 anni, con 475 match nei dilettanti e 25 match con 22 vittorie da pro, probabilmente appenderà i guantoni al chiodo. Lara nel 2008 debutta in Turchia e poi in Germania, ma l’anno dopo sceglie gli Usa, Si stabilisce a Houston nel Texas e riesce a fare arrivare anche la famiglia. Da allora, costruisce la sua carriera e si assicura un solido conto in banca. Nel 2014 coglie il mondiale WBA dei superwelter e nel 2021 quello dei medi della stessa sigla. A 41 primavere, dopo 16 stagioni professionistiche, il mancino di Guantamano ha ancora energie per difendere la cintura in modo brillante. Danny Garcia (37-4), 36 anni nato a Filadelfia (Usa) l’ultimo sfidante, era stato in passato campione superleggeri e welter per il WBC, ma contro Erislandy ha sempre boxato in difesa, pagando anche la struttura atletica inferiore. Sul finire del nono round il cubano trova il tempo per una doppietta al viso, che costringe Garcia al conteggio. Nel minuto di riposo decide per l’abbandono. Più sfiduciato che stanco. D’altronde i cartellini parlano chiaro: 88-82 per i tre giudici a favore del campione. Già al peso, avevano fatto capire che sul ring ci sarebbe stata battaglia feroce. I supermedi Caleb Plant (23-2) e Trevor McComby hanno mantenuto la promessa. Il primo, 32 anni, nato a Nashville nel Tennessee pro dal 2013, Iridato per il WBC nei supermedi (2017-2020), dopo 3 difese positive, incrocia Saul Alvarez il 6 novembre 2011 e deve cedere la cintura, battuto per KO all’11° round. Reduce dalla seconda sconfitta in carriera il 25 marzo 2023 contro Davide Benavides (29), nativo dell’Arizona, 27 anni, campione ad interim WBC supermedi e mediomassimi. McComby (28-1) prima di affrontare Plant era imbattuto, pro dal 2010 a soli 18 anni, con 21 KO all’attivo è partito a razzo, con serie pesanti che Plant ha cercato repliche altrettanto potenti. Il pubblico ha gradito lo spettacolo con tanti applausi. Alla quarta tornata Plant è addirittura finito fuori dalle corde, colpito tra spalla e il braccio destro, perdendo l’equilibrio. L’arbitro discutibilmente lo ha contato. Alla ripresa della lotta Plant replica da par suo, ma l’avversario risponde per le rime. I primi segnali della stanchezza di McComby arrivano all’ottavo e la svolta al nono round. Sottoposto a scariche pesanti e precise da parte di uno scatenato Plant, l’avversario perde la difesa ed è alla mercè del rivale. Giusto lo stop dell’arbitro con McComby senza difesa, bersaglio facile del rivale. L’altro cubano in cartellone era il medio Yoenli Hernandez (5), 26 anni, pro dal 2022 disputando due match in Messico. Nel 2023 ha disputato i mondiali dilettanti a Tashkent in Uzbekistan, confermando l’oro già conquistato nel 2021 a Belgrado, battendo il nostro Cavallaro in semifinale e il russo Bizhamov in finale. Rientrando, allo scalo di Panama ha fatto perdere le tracce, approdando a Miami, unendosi ai tanti connazionali residenti in Florida. Al terzo match negli USA ha spedito KO al secondo round il messicano Jose Sanchez Charles (21-6-1). Per capire quanto gli organizzatori, puntino su Hernandez al suo angolo è apparso Eddy Reynoso, il tecnico messicano che prepara Alvarez. D’altronde dopo soli 5 incontri per il WBA 5° e per il WBC 12°.                                       

  In attesa delle ultime sfide dell’anno, entrambe a Ryad in Arabia Saudita, il 12 ottobre tra gli imbattuti Artur Beterbiev (20) e Dmitri Bivol 23) in palio le cinture mediomassimi IBO, WBC, WBA e IBF, il 21 dicembre tra Alex Usik (22) che concede la rivincita a Tyson Fury (34-1-1), in palio le cinture IBO, WBO e WBC dei massimi, sabato allo stadio londinese di Wembley, grande boxe. Supportata finanziariamente dal ministro Saudita Turki Alalashikh, la Matchroom di Eddie Hearn e Frank Warren hanno organizzato una riunione con i controfiocchi, con oltre 95.000 spettatori su spalti e tribune. Stuzzicati dalla sfida tutta inglese tra Anthony Joshua (28-3), 34 anni, pro dal 2013 e Daniel Dubois (21-2) nove anni più giovane, titolare di fresco conio IBF. Il detentore Oleksandr Usyk, l’ha lasciata vacante e la sigla ha trasformato quella ad interim di Dubois, in regolare. Un regalo importante, che potrebbe svanire al primo impatto. I pronostici non lasciano scampo al campione. Joshua è alla quarta presenza a Wembley e finora gli ha sempre portato fortuna. Ha battuto gli sfidanti, l’ucraino Wladimir Klitschko, il russo Alexander Povetkin e il bulgaro Kubrat Pulev. Stavolta i ruoli si capovolgono anche Joshua ha tutto da perdere. Se vince conferma il ruolo, se perde rovina non solo il record ma anche i programmi della Matchroom di Eddie Hearn, che attende il risultato del 21 dicembre a Ryad in Arabia Saudita, tra Alex Usik (22) che concede la rivincita a Tyson Fury (34-1-1), in palio le cinture IBO, WBO e WBC. Lo scorso maggio sullo stesso ring, Usyk inflisse a Tyson la prima sconfitta in carriera, in modo più netto di quanto dicano i giudici, uno dei quali assegnò la vittoria a Tyson. Il match reale aveva raccontato una storia diversa. Al nono round Usyk evita il sinistro di Fury - che fino a quel momento aveva forse fatto meglio dell’ucraino tenendolo a distanza – e lo incrocia con quattro colpi tutti a bersaglio, Tyson cerca in ogni modo di sfuggire all’assalto, ma viene raggiunto da altri pugni, sull’orlo della resa. L’arbitro lo conta anche se è ancora in piedi. Salvandolo dal KO. Gli ultimi tre round sono di sofferenza per l’inglese, che tenta qualche replica, ma nel complesso è sempre in difesa. Personalmente avevo la vittoria per Usyk di tre-quattro punti. Sconcertante il 114-113 del canadese Craig Metcalfe per l’inglese! Intendiamoci il rom irlandese è in grado di ottenere qualsiasi risultato, possedendo talento e fantasia, oltre a resistenza e reattività incredibili. Ma l’ucraino è più coordinato, freddo e altrettanto talentuoso, ragiona di più e questo gli è valso una carriera da pro, iniziata nel 2013, dopo l’oro olimpico a Londra 2012 nei massimi, battendo in finale Clemente Russo, che quattro anni prima a Pechino lo aveva superato nei quarti. Eddie Hearn si augura vinca Tyson, per motivi chiari. Una sfida tutta inglese riempie qualsiasi arena, quella contro Usyk ha meno impatto e non è inedita, avendo l’ucraino battuto due volte Joshua. Anche se resta un ottimo richiamo. Dubois ha meno esperienza ma anche pugni pesanti ma meno personalità e le due sconfitte sono arrivate prima del limite. Nessuno dei due possiede mascella corazzata e questo lascia aperta la porta a qualsiasi risultato tra i massimi. Nella serata Anthony Cacace (22-1), 34 anni, mancino, irlandese con genitori campani, mette in palio solo il titolo IBO superpiuma, contro l’inglese Josh Warrington (31-3-1), 33 anni, reduce da due sconfitte, salito di categoria, tentando un’impresa sulla carta impossibile. Inizialmente doveva difendere anche la cintura IBF, conquistata a sorpresa il18 maggio scorso, sul ring di Ryad in Arabia Saudita, capovolgendo il pronostico che lo vedeva nettamente sfavorito contro Joe Cordina (17-1) fino ad allora imbattuto. Successo determinato da una furbata di Cacace, che al break colpiva con due precisi colpi Cordina. L’arbitro invece di ammonirlo chiedeva al campione se andava tutto bene. Alla risposta affermativa faceva proseguire la sfida. In realtà quei pugni avevano lasciato conseguenze negative, tanto che all’ottavo round finiva la sfida con il kot a favore di Cacace. Fresca cintura da difendere contro il messicano Eduardo Nunez (27-1), 27 anni, pro dal 2015, unica sconfitta nel 2018, poi 17 successi, indicato sfidante ufficiale. Cacace non ha avvisato l’ente della difesa contro Josh Warrington e l’ente gli ha imposto lo stop. A questo punto se Cacace vince, dovrà difendere il titolo IBF contro il messicano entro il 20 marzo 2025. Se perde il titolo IBF diventa vacante. Per farla breve, un bel casino. Atteso l’esplosivo mediomassimo Joshua Buatsi (18) inglese nato nel Ghana, 31 anni, pro dal 2017.  Da dilettante ha conquistato un bronzo europeo e uno al mondiale nel 2015, oltre a quello ottenuto ai Giochi di Rio 2016. Difende l’interim WBO contro lo scozzese Willy Hutchinson (18-1), 26 anni. Per il campione europeo medi Tyler Denny (19-2-3), 33 anni, che ottenne il titolo lo scorso novembre a Wolverhampton (G.B.)  a spese di Matteo Signani, fermato all’8° round per una ferita all’occhio sinistro. E’ la seconda difesa, in precedenza aveva battuto il connazionale Felix Cash (16-1) pure lui per ferita al sopracciglio sinistro al quinto round. Questo confronto sulla carta appare più difficile, Hamzah Sheeraz (20), 25 anni, talento emergente, gli ultimi 14 incontri li ha vinti per KO. Resta da vedere se Tyler, che ha boxe furba al limite del regolamento, saprà arginare l’offensiva dello sfidante portato all’attacco. I leggeri Josh Padley (14) 28 anni, pro dal 2018 e Mazu Chamberlain (16), 25 anni, pro dal 2018, si giocano l’imbattibilità e il diritto di lanciare la sfida al campione nazionale. I pronostici indicano Chamberlain, campione inglese dilettanti, mancino potente (12 ko) campione europeo IBF, titolo difeso contro i nostri Vairo Lenti e Marvin Demollari, entrambi battuti prima del limite.  

Giuliano Orlando