PARIGI. Si è concluso il torneo preolimpico per i Giochi di Tokyo, iniziato a Londra il 14 marzo 2020 e concluso a Parigi l’8 giugno 2021. Si tratta del record del mondo assoluto, ben 15 mesi, primato di cui nessuno sentiva la mancanza. Dopo l’Africa, l’Asia e l’Oceania, anche la vecchia Europa ha concluso l’iter delle qualificazioni, anche se mancano le ultime scelte, queste affidate al computer per assegnare gli ultimissimi pass, tra quali speriamo ci sia anche quello che riguarda il nostro medio Salvatore Cavallaro, che salverebbe la bandiera maschile, visto che sul ring, nessun azzurro ha centrato il traguardo. Purtroppo anche questo un record negativo pesante. Nella storia dei Giochi, l’Italia era sempre stata presente. Su cause ed effetti ci torneremo più avanti, cercando di farlo senza malanimo preconcetto. Semplicemente valutando i tanti aspetti del perché è accaduto questo disastro.
Ben diverso il discorso del settore femminile, dove su cinque rappresentanti ne portiamo quattro a Tokyo e con una valutazione più realistica, pensando subito alla Canfora, avremmo forse fatto il pieno, ma la mia opinione non sminuisce il merito di un’impresa eccezionale e di un cammino ascensionale che sembra inarrestabile, visto che le quattro promosse sono all’alba della carriera. A Londra 2012 all’esordio della boxe femminile nessuna italiana, a Rio 2016 ci riuscì Irma Testa, che aveva solo 18 anni, problemi alla schiena e venne travolta da una popolarità che fu anche la causa del rendimento inferiore alle attese. A Tokyo saranno in quattro. La carabiniera Giordana Sorrentino 21 anni appena compiuti, nei 51 kg., poche parole e molti fatti, ovvero le vittorie che contano. Anche se con qualche problema ha superato la serba Radovanovic, professionista di 29 anni, per la quale la Serbia ha creato uno staff completo per farla allenare al meglio. Averla battuta dopo un primo round disastroso, significa avere non solo grinta ma anche forza interiore e freddezza. In semifinale oltre che scarica, ha risentito della condizione atletica non perfetta. Ma a Tokyo farà molto meglio. Irma Testa, nei 57, la capitana che ha 23 anni, ed è la veterana del poker, un talento sfornato dalla famiglia Zurlo di Torre Annunziata, il cui fondatore Lucio con amarezza ha dichiarato che la municipalità campana non la merita, vista l’indifferenza sia per l’impresa che per la boxe, orientata al solo calcio. A Parigi ha sbiancato la Task Force, che ne aveva ignorato il valore, escludendola dalle teste di serie, mettendola addirittura al secondo match contro la russa Vorontsova, argento mondiale e capofila della categoria. Irma nel confronto diretto ha offerto boxe talmente raffinata da essere definita dai telecronisti meravigliosa. Un match perfetto che solo chi talento assoluto può disputare. I suoi pugni sono state carezze micidiali, che colpivano da ogni posizione una Vorontsova, disperata e infuriata all’inseguimento di una farfalla che sorridendo la castigava. Forse la più bella esibizione del torneo. Sulla scia per sostituire una certa Katie Taylor. Il rischio era che dopo tale capolavoro, venisse meno la concentrazione e il rendimento. Invece ha mantenuto alta la guardia e è salita sul podio più alto, battendo la romena Nechita con una facilità irrisoria in semifinale, domando in finale la furiosa irlandese Walsh, dagli occhi di ghiaccio, che le ha provate tutte per trovare bersaglio, scagliandosi contro Irma con furia, per essere punita dai colpi meno furiosi ma precisi che arrivavano prima dei suoi. Un gioco quasi magico, tanto era bello il fraseggio dell’azzurra. Dove i giudici del Tagikistan e quello dell’Uganda, che bastava osservarlo per capirne l’assurdità del ruolo, abbiano trovato il vantaggio per la Walsh, resta un mistero. Purtroppo pericoloso in chiave olimpica. Rebecca Nicoli nei 60 kg. ha 21 anni, scoperta dal maestro Gianni Birardi, che la cura come e più di un papà. Solo qualche mese prima Rebecca camminava con le stampelle per un intervento all’anca e quasi nessuno avrebbe scommesso un centesimo sul rientro. Quel ‘quasi’ (il ct Renzini che ha chiamato Fabio Morbidini un fisiotepista dalle mani d’oro e la conoscenza dei pugili come nessun altro, chiedere a Roberto Cammarelle per informazioni, su tutti), hanno vinto la scommessa più incredibile. Certo, la migliore Nicoli avrebbe fatto sudare e non poco anche la Dubois e castigato la greca Pita, ma ha compiuto un miracolo pur al 60% del suo tetto. Per farlo devi tirare fuori la tigre che hai dentro e che nei maschietti è stato uno degli aspetti meno confortanti, salvo Aziz negli 81 che ha dato davvero tutto. In particolare ha usato il cervello contro la greca che, consapevole di essere tecnicamente inferiore, ha puntato tutto sulla forza atletica attaccando come un toro, sperando di levare il fiato all’azzurra. Per farlo ha usato più dei pugni le spinte, i gomiti e la testa. Una non boxe da osteria che l’arbitro, l’irakeno Sadeghpour, ha lasciato correre tutto. Per fortuna i giudici hanno capito e il 5-0 ha fatto giustizia. A Tokyo ci auguriamo di vederla vicino al 100%. La quarta perla al femminile spetta ad Angela Carini, 22 anni, nata a Piedimonte Matese, cresciuta pugilisticamente a Marcianise nel casertano, sotto l’ala dei Brillantino, guerriera indomabile, talento e orgoglio, tandem imprescindibile. Figlia di due poliziotti, impegnata nel sociale e nel difendere la memoria di del giudice Borsellino, ha iniziato a vincere giovanissima e a quanto sembra l’appetito vien mangiando. Dopo aver battuto a Londra la pericolosa irlandese Desmond, a Londra l’aspettava la francese Sonvico, 31 anni e una precedente vittoria sull’azzurra, che veniva data al top della forma. Angela ha preso il comando fin dall’avvio, anticipandola ed evitando le sue reazioni, che si facevano sempre più scomposte e anche scorrette. Tutto inutile, l’azzurra volava verso la vittoria che valeva Tokyo. In semifinale di fronte alla veterana tedesca Apetz (35 anni), è partita troppo piano e il risveglio finale non è bastato. Sconfitta che conta solo ai fini del punteggio nel ranking di Tokyo, ma non cancella l’impresa. Chiamata all’ultimo momento la campana Assunta Canfora, che sembrava in buona condizione in sostituzione di Flavia Severin incapace di scendere a 75 kg., ha incrociato all’esordio la turca Sennur Demir, una giraffona di 40 anni, rotta a tutte le malizie, sul podio a mondiali ed europei dal 2016, che ha sfruttato esperienza e continuità offensiva per vincere. Tutte e quattro appartengono alla FFOO. Tornando a Irma Testa, che tra l’altro è la rappresentante da parte femminile presso il CIO, meriterebbe anche la coppa della migliore del torneo. La sola concorrente potrebbe essere la turca Sermeneli, dalle indubbie qualità ma anche una boxe mascolina, lontana parente dall’eleganza dell’italiana, la cui bellezza stilistica è vicina all’esecuzione di un violinista, solo eleganza e nessuna violenza.
Il settore maschile, preso in mano da Emanuele Renzini da pochi mesi, in sostituzione di Giulio Coletta, arriva a Parigi con due soli atleti, dopo l’eliminazione all’esordio, di cinque degli otto azzurri: Manuel Cappai (52), Francesco Maietta (57), Paolo Di Lernia (63), Vincenzo Mangiacapre (69) e Salvatore Cavallaro (75), mentre Clemente Russo (+91 Kg.), dovette rinunciare a combattere per indisposizione. A Londra Simone Fiori negli 81 kg., 31 anni, superava il finlandese Aliu e a Parigi lo attendeva il russo Imam Khataev che l’azzurro aveva sconfitto nel 2019 ai Giochi europei di Minsk in semifinale. Il russo non è un fuoriclasse, semmai atleta forte e monotematico, come si è confermato in Francia. Per batterlo devi muoverti, toccare e uscire subito dalla zona calda. L’italiano ci ha provato per un round, poi le forze se ne sono andate e il vigore del rivale ha fatto la differenza. Un vero peccato, perché la vittoria gli avrebbe aperto le porte di Tokyo, grazie allo spareggio. Infatti Khataev, sconfitto dal cubano-azero Dominguez, ha ottenuto il pass superando nel box-office il turco Malkan, sicuramente alla portata anche di Fiori. Purtroppo la condizione non ottimale dell’azzurro (peso?) ha cancellato il sogno. Diverso il discorso per il 91, Mouhiidine Aziz, padre marocchino, mamma salernitana, nato a Solofra nell’avellinese il 6 ottobre 1998, allievo dei fratelli Gennaro e Gianluigi Moffa. Talento precoce, poi una decrescita incredibile che tocca il fondo proprio a Londra nel marzo 2020, quando fatica a battere il modesto bosniaco Bosnjak, 35 anni, superato con un 3-2 che dice tutto. Il motivo nasce dal fatto che il tecnico azzurro precedente a Renzini, ha cercato di cambiarne l’impostazione, snaturando la sua boxe, per cui l’ibrido ottenuto è devastante. A distanza di 15 mesi, l’Aziz visto a Parigi è tornato alla sua boxe naturale e dopo aver battuto nettamente il turco Ilyas, dato favorito alla vigilia, affronta il russo Gadzhimagomedov, campione del mondo in carica e si batte alla pari col vincitore del torneo. Il verdetto di 29-28 unanime, è la dimostrazione dell’equilibrio. Personalmente potevano dare la vittoria anche all’azzurro, ma la sudditanza dei giudici, per i quali la Russia è un mito, vista la loro provenienza ha deciso tutto. Perché penso poteva aver vinto Aziz? Per la semplice ragione che nel primo e nel secondo round aveva colpito di più, mentre nel terzo il russo si era imposto chiaramente, sfruttando sia l’esperienza che l’indubbia qualità di una boxe scolastica, portata quasi alla perfezione.
Al termine del torneo, il responsabile tecnico, Emanuele Renzini, ha espresso il suo giudizio sul rendimento dei sette azzurri.
Quante speranze per le medaglie a Tokyo? “In linea generale sono soddisfatto anche se speravo di portare a Tokyo anche un maschio. Purtroppo disponevo solo di due atleti e questo ha reso tutto più complicato. Fiori ha faticato e non poco a fare il peso e il rendimento ne ha risentito, Fosse stato al top avrebbe battuto il russo, tecnicamente inferiore ma anche un rullo compressore e a gioco lungo ha fatto la differenza. Ad Aziz posso fare solo i complimenti. Stava bene e ha dato il massimo, rischiando di far saltare il russo, campione del mondo, strafavorito. Gli ha tenuto testa per due riprese e se i giudici fossero stati più equi avremmo un italiano sicuro a Tokyo. La mia domanda è che esperienza possano avere arbitri e giudici arrivati da Indonesia, Guatemala, Kuwait, Sri Lanka, Iran e Irak. L’ugandese come arbitro faceva paura per l’equilibrio instabile e la legnosità dei gesti. Per interi incontri non ha preso alcuna decisione. Non parlo di malafede, ma di incapacità e queste sono scelte fatte dalla Task Force, che gestirà anche i Giochi. Per quanto riguarda le ragazze tanto di cappello, non a caso vengono chiamate tigrotte. Sul ring danno tutto e i risultati si vedono. Quattro su cinque vanno a Tokyo, compresa la Nicoli che temevamo non potesse prendere neppure parte al torneo, Giordana, Irma, Rebecca e Angela sono talenti e hanno tutti gli attributi per svettare in cima ad una piramide di altissimo livello. La Canfora non era forse preparata più mentalmente che fisicamente”.
Cosa prevedi a Tokyo?
“Intanto ci vanno in quattro e poi vedremo. Alla partenza per Parigi mi avevi chiesto cosa avrebbe fatto Irma contro la Vorontseva, avevo risposto che sarebbe stata la russa a doversi preoccupare, dovendo inventare una cosa straordinaria per batterla. Sul ring si è vista la verità. Quando sei brava, le teste di serie sono un optional. In verità tutte le azzurre hanno dato il meglio, che è di alto livello.. Il problema è quello del settore maschile e il discorso porta lontano. Al momento debbo pensare ai Giochi. A Parigi abbiamo fatto il primo passo verso il traguardo olimpico adesso dobbiamo completare il percorso arrivando sul podio”
Tra le donne, la Turchia ha ottenuto due ori con la Cakiroglu, (kg. 52) campionessa europea e argento mondiale, superando la mancina inglese Davison, in un match dove i protagonisti sono stati i minuti di studio più numerosi dei pugni. Il secondo oro come da previsione è andato alla Surmeneli (69), che boxa come un uomo di grande talento, campionessa del mondo in carica, ha spadroneggiato anche in finale, con qualche eccesso di troppo. Appartiene al mondo lesbo e ha una compagna ufficiale. L’Inghilterra, con la Price, (75) altra iridata in carica, batte chiaramente anche se a sorpresa, la russa Magomedialeva, a sua volta mondiale 2018, onusta di medaglie, stavolta beffata dalla mancina inglese che l’anticipata per tre round. Nei leggeri, l’irlandese Hariington, una vita di vertice, iridata nel 2018, mancina dalla scelta di tempo eccezionale, ha fatto abbassare la cresta alla cioccolatina inglese Dubois, che sembrava inarrestabile, dopo aver battuto la finlandese Potkonen, ha trovato una più brava di lei. Il quinto oro per la nostra Irma Testa, la vera trionfatrice di Parigi.
Nei maschi, Francia sugli allori con tre ori. Il primo a Bennama (52) a spese del quotato inglese Yafai, il secondo a Oumiha nei 63 kg, senza combattere per il ritiro del bielorusso Asanova, il terzo al mancino Aliev (+91) che si è preso la rivincita dei mondiali 2019, quando l’inglese Frazer Clarke lo aveva eliminato all’esordio, Stavolta situazione capovolta e vittoria francese. Doppietta per la Russia con Batyrgariev, (57) un mancino abile e continuo, che ha sempre anticipato il francese Kistohurry, colored molto forte ma ancora inesperto. Il bis con Gadzhimagomedov (91) più abile del cubano-spagnolo Reyes in un match con pochi pugni e molte attese. Nei medi, l’ucraino Khyzhniak iridato 2018 ha costretto allo scambio corto il russo Bakshi, a sua volta iridato in carica, molto bravo, ma sfiancato dall’ucraino che ha imposto un ritmo forsennato al rivale. Il match più violento del torneo. L’inglese Pat Mc Cormack (69) ha vinto la battaglia contro il più esperto e titolato russo Zamkovoi, mondiale 2019, che alla distanza ha dovuto inchinarsi alla maggiore consistenza dell’inglese. Assegnato per walk-over, l’oro negli 81 kg. all’azero spurio Dominguez avendo l’inglese Whittaker, rinunciato alla finale. L’Italia al femminile è giunta quarta, dopo Turchia 2 ori e 1 bronzo, Irlanda e Gran Bretagna: 1 oro, 1 argento, 1 bronzo; Italia: 1 oro e due bronzi. A seguire Germania, Russia, Bulgaria, Romania, Ucraina, Svezia e Olanda. Solo 12 nazioni sul podio. Tra gli uomini solo cinque all’oro: oro Francia 3; Russia 2; Gran Bretagna, Ucraina e Azerbajan 1. Podio anche per Bielorussia, Spagna, Turchia, Ungheria, Irlanda, Armenia, Slovacchia, Croazia e Germania. In tutto 14 nazioni. Italia assente.
Giuliano Orlando