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"Vincere non mi basta, amo farlo giocando bene". In una frase c'è tutta l'essenza di Paulo Fonseca, tecnico che ha fatto del bel gioco il suo credo. La sua strategia, fatta di possesso palla, difesa alta, salita dei terzini, gli ha fatto ottenere grandi successi in carriera, sia in patria che nell'esperienza ucraina, l'ultima prima di approdare in giallorosso. È un tecnico preparato, che studia e analizza schemi e avversari, adottando una leadership positiva nei confronti della sua squadra. Una storia che nasce molto lontano, a Nampula, in Mozambico, nel 1973, in una colonia portoghese nel sud-est africano. Paulo rimarrà molto poco nel continente nero, dato che ad appena un anno si trasferisce con la famiglia a Barreiro, un distretto della città di Setùbal. La sua carriera inizierà nel team locale della Barreirense, con cui si formerà nei primi anni di calcio come difensore. La sua carriera sul rettangolo verde in realtà non offre particolari spunti: rimane sempre in patria, vestendo le maglie di Belenenses, Maritimo, Vitoria Guimaraes e Estrela Amadora, dove rimarrà per cinque anni. Una carriera da onesto mestierante, terminata nel 2005, anno in cui inizia anche la sua gavetta da allenatore. Dopo le prime esperienze, nel 2012 passa al Paços de Ferreira, stagione speciale, conclusa con il terzo posto in Primeira Liga, posizione mai raggiunta dal club prima di allora, valsa la qualificazione ai play-off di Champions League. Un successo che vale la chiamata del Porto, in una stagione dove Fonseca viene esonerato dopo 21 partite di campionato, affermando in seguito che il suo gioco poco si adattava ai giocatori presenti nei Dragoes. Torna quindi al Pacos, prima di fare un anno allo Sporting Braga, club con cui raggiunge il quarto posto finale in classifica. La svolta arriva nel maggio del 2016, quando firma un biennale con lo Shakhtar Donetsk, una delle squadre top in Ucraina, allenata fin lì per 12 anni filati da Mircea Lucescu.
Il contesto è difficile. La guerra che imperversa nell'Ucraina orientale, con gli scontri tra i filo-ucraini e i separatisti russi, crea una situazione estremamente delicata per il club arancionero. Lo stadio di casa, la Donbass Arena, è inagibile in quanto si trova pienamente all'interno del teatro bellico, e così Fonseca si ritrova ad allenare una squadra di una città dove non è mai stato ne mai andrà, considerando inoltre lo stato emotivo sicuramente complesso degli ucraini in squadra. Grazie a una grande forza, Paulo riuscirà a distrarre un attimo i tifosi dal periodo terribile, vincendo tutto quello che si può vincere. La squadra si allena a Kiev e gioca a Kharkiv, a 250 km da Donetsk, dovendo quindi sobbarcarsi ogni volta una lunga serie di viaggi e trasferte, ma questo non fiacca l'animo dei giocatori protagonisti in campo, ivi compresa la sempre folta colonia brasiliana, composta da Taison, Dentinho, Fred e Ismaily, tra gli altri. Nei tre anni ucraini Fonseca vince tre volte il campionato nazionale e in altrettante occasioni la coppa nazionale, ottenendo un'importante highlight durante la Champions del 2017. Dopo aver battuto il Manchester City 2-1, si presentò in conferenza stampa vestito come Zorro, il suo supereroe dell'infanzia, mantenendo la promessa fatta a un giornalista in caso di passaggio agli ottavi. Nella fase a eliminazione diretta verrà eliminato proprio dalla Roma di Di Francesco, cinica nel ribaltare il 2-1 dell'andata con un 1-0. E veniamo proprio ai giallorossi: giunge nella Capitale l'11 giugno del 2019, per dare continuità a una Roma sempre nelle prime posizioni. Nella prima stagione, condizionata dallo scoppio della pandemia di Covid-19, i giallorossi si posizionano quinti, qualificandosi in Europa League. Quest'anno la Roma è nella stessa posizione della stagione precedente per ora, in un'annata in cui ha brillato contro le piccole ma ha sempre faticato contro le grandi, non riuscendo ancora a vincere un match contro le squadre top del campionato. Fonseca, criticato soprattutto per il derby perso 3-0 e per l'esclusione di Edin Dzeko dai convocati, promette che non cambierà l'identità della squadra, confidando che i risultati e le vittorie arriveranno attraverso un'identità precisa di gioco. Il tempo dirà che ricordi avremo dell'esperienza romanista del coach portoghese.
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