In un'intervista video sui canali social del Napoli, Kalidou Koulibaly è tornato a parlare dell'argomento razzismo negli stadi italiani. Il senegalese, dopo aver scontato la squalifica di due giornate, tornerà in campo sabato sera proprio nello stadio dove il 26 dicembre scorso fu bersaglio di cori razzisti. Il difensore ha quindi parlato per la prima volta di quella brutta esperienza trovandone anche dei lati positivi, legati in particolare la sostegno che ha ricevuto dopo quella vicenda: "Ci sono state molte cose positive, nonostante tutto. La mia famiglia mi è stata vicina e questo mi ha fatto piacere. La famiglia è la cosa più importante di questo mondo. Poi ho ricevuto tanti messaggi di amici o semplicemente conoscenti, che mi hanno scritto sui social. Sono stati venti giorni di sostegno importante. Sono successe cose brutte, ma il sostegno che ho avuto non lo dimenticherò mai. In questo periodo sono maturato molto. Prima non avrei risposto in questo modo", ha dichiarato il difensore senegalese che ha successivamente parlato delle differenze legate alla questione razzismo tra il suo paese, la Francia, e l'Italia e di quale sia la strada giusta da seguire per risolvere il problema.
IN FRANCIA - "In Francia ci sono nato e non ho mai avuto problemi di questo tipo neppure nel mondo del calcio. Sono cresciuto con amici turchi, senegalesi, arabi. Eravamo tutti misti ma non ci sono mai stati problemi. Anche nella nazionale ci sono tanti giocatori di colore e quello, in Francia, non è mai stato un problema. Ecco perché per me la Francia è un paese a parte. Sono avanti rispetto a noi".
IN ITALIA - "In Italia, quando sono arrivato, ero concentrato sul campo. Poi, quando ho capito l'italiano e cosa diceva la gente, ho iniziato a capire i primi cori contro i napoletani. Mi è dispiaciuto molto, Napoli è una bellissima città. Dispiace succeda questo, ci sono anche giocatori nostri che vanno in nazionale come Insigne. Bisogna pensarci due volte prima di fare quei cori".
LA STRADA DA SEGUIRE - "Siamo tutti uguali, me lo hanno insegnato da piccolo. Purtroppo questa è una lotta che va avanti da tempo. Non mi fa piacere esserne testimonial, perché dovrebbe essere chiaro a tutti che non ci sono differenze tra le persone. Ne parlammo in una scuola a Milano un anno fa: è questa la strada giusta. Questi valori vanno insegnati ai bambini. Mio figlio già lo sa e non ne ha bisogno, ma è sempre difficile spiegare a un bambino cos'è il razzismo. Quando lo porto a scuola mi viene da sorridere, è bella l'accoglienza che mio figlio riceve dagli altri bambini. Per loro è normale essere tutti uguali".