Red Bull- L’impero del marketing del Toro Rosso
Il marchio austriaco dei due tori che si scontrano, salito al vertice nelle competizioni più estreme – Francesco Domenghini – Red Bull- L’impero del marketing del Toro Rosso. DIARKOS Editore - Pag. 276 – Euro 19.00
di Giuliano Orlando
Due Miura doc che si scontrano nell’Arena di Salisburgo e un inedito torero austriaco: Dietrich Mateschitz, che giostra abilmente, senza ucciderli, ma ottenendo dal pubblico ovazioni a non finire. Potrebbe essere il paradigma della Red Bull, il brand che ha capovolto le vecchie tradizioni, passando dal ruolo di spalla a quello di protagonista assoluta. Mai in passato era accaduto che una bevanda, definita inizialmente la “Coca Cola dei poveri”, percorresse il ruolo da sponsor a simbolo dal mondo dello sport a quello dell’abbigliamento e tanto altro, proseguendo a conquistare ogni mercato senza soluzione di continuità. Niente male per una lattina di color blu, grigio e rosso con due tori che significano forza. leggerezza e allegria L’introduzione al libro apre in modo diretto ad una storia complessa con passaggi che si intrecciano con gli eventi politici, compresa la caduta del muro di Berlino e prima ancora l’Anchluss, quando nel 1938, le armate di Adolf Hitler invasero e si annessero l’Austria. Il 20 maggio 1944, a S. Marein im Murztal in Stiria, nasce Dietrich Mateschiitz, detto Didi, territorio che qualche mese dopo, con la fine della guerra, torna all’Austria. Didi si dimostra un ragazzino sveglio e attivo. Dopo la laurea in Economia e Commercio si trasferisce a Vienna, dove trova collocazione come responsabile del marketing della Blendax, associata alla Unilever, azienda olandese-britannica, produttrice di saponette e dentifrici. Ottimo stipendio e possibilità di viaggiare per promozionare il prodotto. A Hong Kong in Thailandia, era il 1982, scopre che il Lipovitan, bevanda energetica, assicura alla giapponese Taisho Pharmaceuticals, guadagni stratosferici. Il segreto si chiamava “taurina”, la cui produzione nasce negli anni ’40 e nella seconda guerra mondiale, viene data ai piloti giapponesi, assicurandoli che quella bevanda magica ne avrebbe migliorato la vista, per colpire al meglio i bersagli nemici. Inoltre Dietrich, si accorge che usando il Lipovitan, nel corso delle 18 ore in aereo, all’arrivo non sente la classica stanchezza del lungo viaggio. Scopre pure che viene usato dai camionisti del Sud Est asiatico. Entra in contatto con i chimici che producono la bevanda e dopo lunga trattativa ne acquista i diritti. Nel 1985 a 41 anni, Mateschitz, lascia un lavoro che gli assicura oltre 20.000 marchi al mese per gettarsi nella nuova avventura. Il nome originario thailandese Krating Daeng, diventa Red Bull nella traduzione inglese. Tutto fatto? Per niente, semmai iniziano i problemi. Le diverse normative tra la Thailandia e la Comunità Europea rendono impossibile la distribuzione della bevanda nel vecchio continente. La Germania a sua volta, rigetta la definizione di “bevanda energetica” e la cataloga come “bevanda di lusso”, termine che assicura allo stato un maggior gettito e tempi più lunghi per l’omologazione. Alla fine del 1986, sull’orlo del fallimento, decide di trasferire armi e bagagli, nella natia Austria. Sceglie Salisburgo, una delle più graziose città europee, dove arte e musica si fondono e dove finalmente gli viene riconosciuta la legalità della bevanda energetica. Purtroppo le banche tedesche perdono la pazienza e chiudono i rubinetti dei prestiti. Lo salva la piccola Splanger, banca storica e privata di Salisburgo, nata nel 1928, che gli da credito e nel tempo recupera con gli interessi i guadagni della Red Bull. Trovato l’ossigeno della sopravvivenza, Mateschitz si ricorda di essere stato direttore di marketing e quindi come deve far conoscere la Red Bull al mondo. A domanda, risposta immediata: i giovani. Gli accordi con bar e discoteche di Salisburgo, sono il primo passo. Quindi il prezzo concorrenziale, altra arma di successo, tanto che in Austria la bevanda è nota come la Coca Cola dei poveri. Altra invenzione vincente, lo slogan “Red Bull ti mette le ali”. Concetto semplice per dire che la bevanda faceva spiccare il volo, assicurandoti energia, leggerezza e spensieratezza. Nel 1992 la Red Bull entra in Ungheria e poi in Germania, col Ministro delle Finanze dell’Assia che chiede scusa a Dietrich per averlo esiliato ed ora lo accoglie a braccia aperte. Come tutte le avventure, dopo tante battaglie dall’esito incerto, inizia il tempo della conquista assoluta. Conosce Rudolph Quehenberger, proprietario della omonima ditta di spedizioni internazionali e proprietario della squadra dii calcio Austria Salisburgo, grande protagonista anche a livello europeo. Ormai la Red Bull è una slavina inarrestabile, scivola a valle sempre più impetuosa, ma non combina disastri. Semplicemente cambia le regole. L’ingresso della Red Bull nello sport fu la grande innovazione, oltre che il cuneo per lanciare il marchio in tutto il mondo, passando dalle pedate ai motori, al tennis, allo sci, in una escalation senza fine. La F1 oggi è Red Bull ai livelli più alti e l’autore ne racconta con dovizia di particolari spesso inediti un percorso iniziato nel 1995 con la Sauber e proseguito con diverse scuderie italiane, compreso il Cavallino Rampante, fino a Vettel, Hamilton e Verstappen e tanti altri campioni su vetture targate “Red Bull”. Nello specifico Berrettini e Sofia Goggia vestono il marchio austriaco. Nel calcio tanti successi e qualche delusione, in particolare quello dell’Africa. Come ogni grande conquistatore, la schiera dei nemici non manca e il gigante taurino ha dovuto difendersi sia nel mondo dei motori che in quello del calcio. Una mia considerazione personale: nell’ultima pagina del libro viene ricordato che ci sono stati momenti di sconforto e solo chi ha paura sa affrontare e vincere le avversità. Mateschitz a 38 anni, ha messo i guantoni ricevendo pugni pesanti, ma ha resistito e reagito creando l’odierno impero. Domanda: perché non è mai entrato ai vertici nel mondo dei guantoni? Era l’unico modo per interrompere l’ascesa di questo Cesare moderno, che l’autore ha raccontato in modo delizioso e completo. Chapeau!
Giuliano Orlando