Gli immortali del Grande Torino e i ragazzi del 1949 – Roberto Pennino – Pag. 200 – Euro 15.00
Sono trascorsi settant’anni, ma quella tragedia è rimasta nel cuore di milioni di italiani, con un passaparola che ha del miracoloso. Anche se i testimoni di quel tempo si sono rarefatti, i giovani di oggi nella stragrande maggioranza hanno avuto notizia di quel 4 maggio 1949, quando l’aereo che riportava a casa il Grande Torino, reduce dalla vittoria a Lisbona in Portogallo, contro il Benfica in occasione dell’addio al calcio di Francisco Ferreira, la stella del calcio lusitano, fermò il destino della più grande squadra di calcio europea.
Quando si dice la fatalità. Era previsto il volo diretto, invece venne fatto lo scalo a Barcellona. Quel volo non arrivò mai all’aeroporto di Caselle, ma si schiantò sulla collina, dove sorge la Basilica di Superga, avvolta dalla nebbia. Nessun sopravvissuto, 31 vittime tra le quali i 18 giocatori granata e i tre giornalisti al seguito. L’Italia restò attonita, incredula di tanta tragedia. Scompariva una delle più belle realtà dell’Italia sportiva, che stava risollevandosi da un’altra tragedia, scritta dalla Grande Guerra. Si calcola che alle esequie fossero presenti oltre mezzo milione di persone. Su quello schianto, si è scritto moltissimo. Libri in particolare. La Bradipolibri ne ha pubblicato 21, ma ha ritenuto aggiungere il lavoro di un avvocato nato in Olanda (mamma olandese e papà italiano), dove lavora e scrive, per la lucida e particolareggiata disamina, con dovizia di particolari spesso inediti, della società granata, dai primi passi all’avvento di Ferruccio Novo, l’artefice di una crescita che portò il Torino, prima ai vertici italiani e poi in Europa, fino ai giorni nostri. Tutto questo lungo un percorso dove vittorie e sconfitte si alternano, dove momenti esaltanti e cocenti delusioni fanno parte di un percorso che illustra quanto sia difficile portare una società calcistica sulla cima nazionale, in una situazione politica non certo facile. Anche il calcio durante la guerra dovette pagare dazio e solo l’intuizione di Novo, evitò al Torino la perdita dei migliori giocatori, diventati dipendenti della FIAT che produceva veicoli militari, quindi contribuiva attivamente alla difesa italiana. Un episodio, tra i tantissimi. Il dopo tragedia non è meno completo. La testimonianza di Sauro Tomà, lo spezzino che andò alla Juve nel 1947 e non partì per Lisbona, essendo in cura per un problema al ginocchio destro, fa capire quanto fosse importante entrare nel club granata. Infatti Sauro dopo una breve carriera calcistica ha iniziato a far conoscere ai ragazzi la storia del Grande Torino. E tanto, tantissimo altro, in un libro che rientra a pieno diritto tra gli imperdibili nella storia di una squadra che non ha mai dimenticato la tragedia e neppure di lottare. Sempre e comunque.
Giuliano Orlando