Una sola ricetta possibile: per dare una
Una ricetta che proprio Giovanelli ci illustra in una lunga chiacchierata partendo dall' ingresso dell’ Italia nel Sei Nazioni. "Fu un golpe - attacca Giovanelli -. Sapevamo di essere inferiori e lo sapeva an che l' Internatioal Board che però aveva biso gno dell'Italia per un discorso sostanzialmente economico, perché una squadra in più nel torneo significava maggiori introiti da televisioni , biglietti e sponsor. L’a ccordo, però , era di mettersi al passo con le altre, cosa che non abbiamo fatto. L’errore più grande? Si è puntato subito a fare risultato, spremendo giocatori e bruciandone altri, senza una vera programmazione e subendo il cambio generazion ale. Una follia aver pensato di essere competitivi in Eur opa, con squadre imbottite di stranieri: come spesso succde in Italia si è scelto la via breve per ottenere risultati che non abbiamo ottenuto”.
L’analisi si fa lunga e complessa concentrandosi sull’incapacità gestionale degli attuali dirigenti: “Buoni per una transizione ma non per una gestione basata su politiche accentratrici - spiega Giovanelli -. Bisogna invece delegare a persone capaci di prevedere cosa succederà tra dieci anni e sapere su chi puntare già da quando i ragazzi hanno 14 anni. L’altra sfida persa? Voler far diventare il rugby lo sport nazionale. E invece non siamo sul territorio, al Sud non c’è più una squadra e in Eccellenza mancano i capoluoghi: non siamo a Milano , a Roma , a Napoli, a Pale rmo, a Torino.”
“Dobbiamo andare a prendere i ragazzi alle periferie delle grandi città - continua Giovanelli -, dare un indirizzo ai club come amministrazione del rugby, sostenendo delle associazioni provinciali che siano una sorta di mini-franchigie partecipate dai club. E poi fare una spending review delle finanze, che ci sono ma sono gestite male, e andare a prendere quelle latenti, proponendo progetti innovativi con le scuole, le università, le società. Serve una rivolu zione culturale mettendo da parte i campanilismi, uscendo dalla logica del cortiletto, dove il rugby sia un modello. Di tempo non ce n’è più, e questa dirigenza in questi anni ha dimostrato di non saper cambiare”.