E' un giorno speciale per il calcio italiano perchè Arrigo Sacchi, uno dei più grandi allenatori rivoluzionati dell'ultimo trentennio, compie 70 anni. Il 'vate di Fusignano', ex allenatore di Parma e Milan ed ex ct della Nazionale, si è concesso ad una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport: "Ho l'ossessione per la bellezza e l'armonia. Quando guardo una partita, voglio lo spettacolo, il divertimento. Ai miei giocatori dicevo sempre: 'La gente vi viene a vedere per passare due ore lontano dai problemi. Non dimenticatelo'".
Sacchi parla dei suoi modelli: "I miei idoli? Prima le squadre: il Real Madrid, l'Ungheria e il Brasile. Poi i giocatori: Di Stefano, Schiaffino, Pelè. Facevo però il tifo per l'Inter. A fine anni Sessanta mi innamorai del calcio totale olandese. Il protagonista era la squadra, non il singolo. Vedere le partite dell'Ajax era come andare a un concerto. Musica armoniosa. Il calcio nasce dalla mente. Michelangelo diceva che i quadri si dipingono con il cervello, le mani sono soltanto strumenti. La stessa cosa vale per il calcio".
L'inizio nel 1973 al Fusignano, poi la Primavera del Cesena, il Parma e la grande occasione col Milan di Berlusconi: "Mi difese davanti a tutti, fece capire che senza di me il progetto non sarebbe andato avanti. Fu decisivo". Coi rossoneri ha vinto tutto anche se brucia lo Scudetto perso al secondo anno nella volata col Napoli e l'episodio della monetina che colpì Alemao a Bergamo: "Rabbia? Tanta. Ma quella volta ci furono cose poco chiare. Poi ho saputo, però sto zitto sennò mi mettono in galera. Diciamo che la politica non fu estranea a quella vicenda".
Dopo i successi in rossonero la Nazionale, con tanti pro e contro: "Mi vedevano come l'uomo venuto dal nulla. C'era invidia, cercavo di non farci caso. Fu un periodo molto intenso, sentivo una grande responsabilità". Ai Mondiali di Usa '94 gli azzurri persero la finale col Brasile ai rigori e molto si parlò del suo rapporto con Roberto Baggio: "Rapporti tesi? Sciocchezze. Lo convocai anche se non stava giocando bene con la Juventus. Perchè lo feci giocare in finale anche se non stava bene? Perchè i medici e i preparatori mi dissero che poteva giocare".
Nel 2001 il ritorno in panchina col Parma ma dopo poco tempo l'addio: "Ero a pezzi. Telefonai a mia moglie e le dissi: 'Giovanna, sono arrivato alla frutta'. Me ne andai. Lo stress. In quel periodo non dormivo, pensavo solo al calcio, ero un fascio di nervi. Dovevo dire basta". Sugli allenatori attuali, Sacchi non ha dubbi su chi siano i migliori: "Ancelotti, Guardiola e Mourinho. Carlo è un maestro nei rapporti. Pep è un professore sul campo. Mou è carismatico e ha metodi innovativi".