"Sono stato un imbecille, in carcere ho capito. Non prendetemi come esempio". Cristiano Doni si confessa ai microfoni dei giornalisti: l'ex capitano dell'Atalanta recita il mea culpa dopo l'arresto nell'ambito dell'inchiesta sul calcio-scommesse condotta dalla Procura di Cremona.
"I miei errori sono iniziati nella partita con la Pistoiese di 12 anni fa, anche quella gara fu combinata - confessa Doni -. Sono stato stupido, pensavo di farla franca. Cosa direi a chi si avvicina al calcio? Che deve giocare pulito. Sempre. E non dare retta a chi gli chiede di barare. Anche fosse un compagno. Deve denunciarlo, far finta di nulla è grave quasi come alterare una partita". Doni ammette che l'esperienza in carcere ha fatto scattare qualcosa nella sua testa. "E' stato orribile. Stavo da solo e ripetevo 'Ma come hai fatto? Quanto sei stato stupido'".
I tifosi dell'Atalanta hanno voltato le spalle al loro ex idolo. "Lo so ed è la cosa che più mi ferisce in questa storia dopo il male fatto alla mia famiglia. La Dea per me è tutto, era tutto. Capisco di averli delusi, traditi. Non chiedo perdono, ma solo che non siano cancellate tutte le cose buone che ho fatto in campo". Doni vuole continuare a vivere a Bergamo. "Sì, è la mia città. Non sarà facile, ma voglio restare lì. La benemerenza della città? Sono pronto a restituirla". Difficile, ora, pensare ad un futuro legato al calcio. "Volevo fare il dirigente dell'Atalanta, adesso so che è impossibile. So che ho chiuso con il calcio. Non ho idea di quello che farò. Certo, il sogno di rimanere aggrappato al mio mondo c'è ancora".