Marketing & Sport: Serie A in rosso, vince il modello Premier

Pubblicato il 11 maggio 2012 alle 17:02:42
Categoria: Notizie Premier
Autore: Redazione Datasport.it

Il portafoglio della Serie A è sempre più sgonfio. Non è una novità, vero, ma i numeri a volte spaventano. Sia confrontandoli con i conti degli anni passati, sia lanciando uno sguardo oltreconfine, in particolare oltremanica. Da qualche tempo l'Inghilterra rappresenta infatti il benchmark con cui si confrontano i maggiori campionati europei quando si tratta di comparare costi e ricavi a livello nazionale. E l'analisi recentemente condotta dal Telegraph sulla salute finanziaria dei club della Corona - che, in quanto ad accuratezza, potrebbe esser frutto di un minuzioso studio di JP Morgan -, fornisce un ottimo strumento per raffrontare i bilanci delle inglesi con quelli di casa nostra.

Il dato più evidente che emerge dal confronto - riferito alla stagione 2010/2011 - è a livello di fatturato complessivo generato dai due campionati: quasi 2,8 miliardi di euro per gli inglesi contro 1,6 miliardi registrati dalla Serie A, il che vuol dire poco più della metà. Ciò non significa che i club d'oltremanica godano di ottima salute e quelli italiani siano in coda dal notaio per fare testamento, ma che stanno un po' meglio dei nostri, questo sì.

TUTTO IL MONDO E' PAESE
Del resto i problemi di liquidità, i passivi di bilancio, i buchi finanziari, li hanno anche lì. E li risolvono come qui, nell'unico modo che, ad oggi, consente alle grandi società di calcio di sopravvivere: soldi freschi direttamente dalle tasche del Mansour o dell'Abramovich di turno. Esattamente come in Italia, ad intervalli di tempo più o meno regolari, fanno Agnelli, Moratti e Berlusconi - e non soltanto loro -, quando iniettano qualche milione di euro nelle casse societarie tramite i famosi aumenti di capitale.

Per raggiungere la vetta della Premier League con il suo Manchester City, ad esempio, lo sceicco Mansour ha generosamente elargito di tasca propria poco più di 700 milioni di euro dal 2008 a oggi, facendo registrare un passivo di 331 milioni riferito alle sole operazioni di mercato portate a termine nei primi tre anni di presidenza. Nello stesso lasso di tempo, il "costo del lavoro" per i Citizens - gli stipendi di staff e giocatori - ha raggiunto i 486 milioni di euro, cifra addirittura superiore ai ricavi complessivi ottenuti nei tre anni (455 milioni). Non si può certo dire che per costruire la corazzata affidata a Mancini lo sceicco abbia badato a spese, ma di certo un grande aiuto è arrivato dagli sponsor: per dare il nome allo stadio dei Citizens e per stamparlo sulle maglie celesti dei giocatori di Mancini, Etihad versa quasi 500 milioni sul conto corrente del Manchester City. Il Milan, che vanta il contratto di sponsorizzazione più ricco della Serie A, ne incassa circa 12 a stagione per apporre sulle maglie il marchio Emirates. Una bella differenza.

MA QUANTO MI COSTI
I ricavi in Italia sono sostanzialmente inferiori a quelli delle società di Premier League, ma non solo. In molti casi, essi sono inferiori alle voci di costo, dando vita a risultati d'esercizio spesso preceduti da un meno. Basti pensare che la sola voce "stipendi in uscita" - sempre in riferimento alla passata stagione - è pari all'89% dei ricavi per la Juventus, all'88% per l'Inter e all'85% per il Milan. In Inghilterra, il Manchester United spende il 46% dei ricavi per pagare staff e giocatori, l'Arsenal il 48%; soltanto il Chelsea è in linea con i numeri italiani con l'85% dei ricavi, mentre per il City, appunto, tale voce eccede addirittura quella degli introiti. Come a dire: le società acquistate e rifondate dai magnati, ancora in fase di "lancio", fanno fatica a produrre utili nel breve periodo a causa degli ingenti investimenti effettuati in tempi recenti; quelle più "virtuose" - United e Arsenal - possono camminare sulle loro gambe. In entrambi i casi comunque, eccezion fatta per il City, i ricavi sono sostanzialmente più elevati di quelli delle big di casa nostra.

EL CLASICO DEI FATTURATI
Non è un caso che nella classifica delle 20 società che fatturano di più a livello mondiale compaiano ben sei inglesi, e tutte nelle prime dodici posizioni: appena sotto l'inamovibile coppia spagnola Real Madrid-Barcellona - 480 milioni la prima, 450 la seconda - figura il Manchester United con 367 milioni, seguito da Bayern Monaco (321), Arsenal (251) e Chelsea (250). A spezzare la catena Spagna-Inghilterra-Germania si inseriscono le prime italiane, Milan e Inter, con fatturati rispettivi di 235 e 211 milioni (7° e 8° posto).
Subito dietro le milanesi, altre tre squadre di Premier: Liverpool (203) e Tottenham (181) - separate dallo Schalke 04 con 202 milioni - precedono il Manchester City di Mancini (170), seguito dalla Juventus con 154 milioni. La Roma, salita dal 18° al 15° posto con 144 milioni, è la quarta italiana tra le prime 20; ma la new entry di quest'anno è rappresentata dal Napoli al 20° posto, con fatturato in grande crescita rispetto alla stagione precedente, passato da 92 a 115 milioni di euro grazie alla qualificazione in Champions League.

TELEDIPENDENTI
E se in Italia i bilanci delle grandi risentono della nuova ripartizione dei proventi televisivi, spartiti tra le 20 società con sistema di vendita centralizzato, ne beneficiano quelli delle cosiddette piccole: l'Udinese ha fatturato circa 17 milioni in più rispetto all'anno precedente sfiorando i 55 milioni di euro, il Bologna ha registrato un incremento di 10 milioni passando dai 35 del 2009/2010 ai 45 della stagione passata. La vendita centralizzata dei diritti TV consente una spartizione certamente più democratica degli introiti, ma non risolve l'annoso problema della struttura dei ricavi.

I bilanci della Serie A dipendono in larga parte dai milioni versati dalle pay-TV, e troppo poco dalle altre fonti di ricavo: il 58% del fatturato deriva dai diritti televisivi, il 19% da proventi commerciali e il 13% dal botteghino. Unica eccezione il Milan, pur sempre dietro alle altre big europee, con la fetta commerciale che vale il 39% dei ricavi. In Premier League i bilanci più "bilanciati": i ricavi dello United sono quasi perfettamente suddivisi tra le tre aree, l'Arsenal guadagna più dal botteghino che da TV e merchandising e il fatturato del City è composto per il 38% da proventi commerciali.

Ottime strategie di marketing, stadi (di proprietà) perfetti e sempre pieni, non-dipendenza dalle televisioni: la ricetta inglese non è nuova ed è servita. Anche i migliori cuochi al mondo dovrebbero farne uso.