I rossoneri di Stefano Pioli conquistano l’Europa che conta sette anni dopo l’ultima volta. Un obiettivo che pareva impossibile ad inizio campionato, certo a metà stagione, nuovamente improbabile fino a cinque giornate fa e, alla fine, è stato conquistato.
Il Milan è in Champions League. Un traguardo assolutamente meritato per i rossoneri, che sono stati in testa a questo campionato per addirittura 21 giornate e non sono mai andati più giù del quarto posto in tutta la stagione. Pioli chiude un ciclo dove lo aveva iniziato. Tutto è partito proprio da Bergamo, circa un anno e mezzo fa. Il Milan ha da poco esonerato Giampaolo dopo un bruttissimo inizio di stagione e ha preso il tecnico parmigiano. Poco prima di Natale, il 22 dicembre 2019, il diavolo gioca in trasferta contro l’Atalanta; il risultato è impietoso: sonoro 5-0 per la Dea e batosta colossale per i rossoneri, che vengono letteralmente annichiliti dai bergamaschi. In quel momento il Milan tocca il fondo della sua storia recente, ma se c’è qualcosa di buono nel toccare il fondo è che da lì si può solo risalire. La mentalità dei giocatori cambia drasticamente. Si avverte già un miglioramento nelle poche partite di gennaio e febbraio 2020, poi arriva il lockdown e il mondo si ferma. A fine giugno si riparte e il Milan vola. Nelle ultime 12 di campionato ne pareggia tre, ne vince nove e conquista un settimo posto che pareva impossibile dopo il girone d’andata e che gli vale i preliminari di Europa League. La stagione successiva inizia prestissimo, appunto per le qualificazioni alla competizione Uefa. Tutto lo sforzo della stagione precedente rischia di essere vanificato nel playoff contro il Rio Ave ma, con un gol a tempo scaduto e una lotteria di rigori tanto lunga quanto rocambolesca, i rossoneri ottengono il pass per l’Europa League. Intanto in campionato la partenza è di quelle da far sognare i tifosi, con un tabellino di marcia spaventoso da due sole sconfitte in tutto il girone d’andata (contro Juventus e Atalanta) di cui nessuna nelle prime 14 giornate. Il girone di ritorno è decisamente più problematico: il rendimento esterno degli uomini di Pioli continua ad essere spaventoso ma la squadra perde continuità di rendimento e certezze, venendo scavalcata dall’Inter grazie al filotto di risultati che consentirà poi alla squadra di Conte di laurearsi meritatamente campione d’Italia.
Il Milan accusa la stanchezza sia fisica che mentale, iniziano a pesare fattori come l’inizio così anticipato della stagione e gli infortuni. Paradossalmente il problema dei tanti acciacchi fisici tra le file dei rossoneri non è stato un fattore immediato, dato che in un modo o nell’altro la banda di Pioli è sempre riuscita a sopperire alle mancanze, anche quelle più importanti, ma è stato condizionante successivamente, con la rosa più completa ma con i rientranti da lunghi stop non al massimo della forma e quelli che hanno compensato le loro assenze stremati dalle tante partite. Specialmente nelle ultime giornate di questo campionato così equilibrato il Milan è sembrato a un passo dalla qualificazione Champions più volte, mentre altre volte è parso ormai spacciato. Alla fine, però, il cerchio si è chiuso esattamente dov’era iniziato: a Bergamo. I rossoneri si giocavano l’ultimo anno e mezzo di lavoro esattamente dove il loro percorso era cominciato e proprio contro l’unica squadra che questo Milan non aveva mai battuto sotto la gestione di Pioli. È stata la circostanza perfetta per dimostrare i miglioramenti, proprio contro la stessa avversaria che nemmeno 18 mesi prima si era imposta addirittura con 5 reti di scarto. Allora è venuto fuori tutto il lavoro tecnico, tattico, ma soprattutto mentale che il tecnico nativo di Parma è riuscito a fare con i suoi giovani giocatori, che soffrendo e lottando con le unghie e con i denti sono riusciti ad imporsi per 2-0 e a conquistarsi la Champions League che in casa Milan mancava da veramente un’eternità. Tanto merito va dato alla società, allo staff, ai giocatori ma soprattutto all’allenatore. In una carriera in cui non era mai riuscito ad imporsi come “predestinato”, Stefano Pioli, the normal one, trova forse una delle sue soddisfazioni più grandi, guidando in un anno e mezzo una squadra dal decimo al secondo posto e riportandola nell’Europa che conta di più dopo 7 anni di assenza. Una stagione grandiosa per questa squadra che, secondo molti pronostici della vigilia, non figurava nemmeno tra le prime quattro, e invece ha concluso al secondo posto in classifica dopo aver guidato il campionato per due terzi di stagione. Merito quindi al Milan, che per la prima volta da lungo tempo pare aver messo delle basi solide per un progetto duraturo e che potrebbe portare parecchie soddisfazioni.
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