Era nell'aria da diverse settimane, ma ora è arrivata anche l'ufficialità: Cristiano Lucarelli non è più l'allenatore del Livorno. Fatale per lui la sconfitta interna 2-3 contro il Perugia, maturata con una prova iconica dell'annata amaranto. Nervosismo, disattenzione e una mancanza di idee a tratti disarmante, sono i temi centrali del fallimento di Lucarelli che, nonostante tutto, esce di scena coccolato e protetto dai suoi tifosi, consci del bisogno di cambiare, ma incapaci di nascondere il troppo amore per l'ex bomber. Una parentesi sfortunata che non macchia cosa rappresentò e rappresenta il 99 labronico. Al posto di Lucarelli arriva Roberto Breda, l'ex allenatore del Perugia, che venne esonerato dai Grifoni a poche giornate dalla fine del campionato dopo aver conquistato i playoff. A lui la piazza si affida per cercare una salvezza che ad ora pare difficilissima.
Se con Lucarelli se ne va parte della livornesità, l'addio al calcio della famiglia Spinelli è altrettanto un segnale fortissimo per tutto l'ambiente. Presidente dal 1999, Aldo Spinelli è stato l'artefice principale della rinascita del Livorno, la scalata dalla serie C alla serie A in pochi anni, ha fatto scalpore e riportato un entusiasmo in città sopito da molto tempo. Il culmine della gestione Spinelli, si raggiunge con l'accesso alla Coppa Uefa, traguardo eccezionale per una realtà come quella livornese. Dopo stagioni altalenanti passate tra la A e la B, la società accusa delle difficoltà e il popolo amaranto trova nel presunto immobilismo economico del proprio presidente, una possibile causa della caduta in rovina della squadra, che torna a militare in Lega Pro. Il resto è storia recente, fino ad arrivare all'annuncio shock di ieri, che lascia nella storia del Livorno calcio, un ricordo fatto di luci e ombre, gioie e dolori, all'insegna di un presidente vecchio stampo, un uomo di passione e sentimento, che viveva il calcio più sincero. Chissà, se e quanto, i livornesi sentiranno la mancanza del loro patron e del suo celebre impermeabile giallo.
Articolo a cura di Marco Caruso