Papà Renato alla vigilia non aveva dubbi: "Domani mia figlia ci farà divertire". Davanti a una birra e una bistecca piena d'aglio, in una cena russa organizzata dallo sponsor olimpico P&G, i genitori e il fratello di Arianna Fontana mi hanno raccontato di più su questa campionessa azzurra di short track, che sul ghiaccio vive e si muove come fosse a piedi nudi su un prato. Mi hanno raccontato del perché è l'unica a partire con i piedi in orizzontale rispetto alla linea di partenza ("è un retaggio del pattinaggio a rotelle e - se lo sai fare - ti dai molta più spinta"). Mi hanno raccontato la rabbia per la caduta provocata dall'inglese Christie nella finale dei 500 a Sochi 2014; di quando si è rialzata, della rincorsa. Della medaglia d'argento. Una medaglia "super" considerando che siamo a un'Olimpiade, mica in una tappa qualunque di Coppa del mondo. Una medaglia mai vinta, perché la 23enne di Sondrio fino ad oggi ai Giochi aveva collezionato due bronzi (a Torino 2006 nella staffetta 3000 metri e a Vancouver 2010 nei 500 metri individuali).
Eppure, i genitori di Arianna mi hanno descritto questa sua sensazione addosso: qualcosa le era stato negato. L'oro; anche solo come possibilità. "Se non l'avessero tirata giù sono sicuro che avrebbe vinto, l'unica che poteva temere era la coreana Park (caduta anche lei e alla fine medaglia di bronzo, ndr)", racconta sicuro il papà. Ma non c'è spocchia nelle sue parole, neanche per un istante. Questa era la distanza di Arianna e qui poteva davvero vincere. Ma le Olimpiadi sono così. Ma le Olimpiadi per lei non si sono esaurite in quei 45 secondi, perché restano da correre i 1500 e anche i 1000 metri. "E' talmente arrabbiata - continua Renato - che domani ci farà divertire".
A distanza di poche ore, promessa mantenuta, anzi di più. Nell'Iceberg Skating Palace, oggi, abbiamo sudato a pochi centimetri dal ghiaccio dove Arianna fin da subito si è dimostrata decisa, concentrata. Pronta. Fino alla finalissima dove è passata presto davanti a tutte, con il passo costante e la pattinata fluida. Poi la forza della coreana Suk Hee Shim viene fuori. E ad approfittarne è anche la cinese Yang Zhou. Arianna sembra stanca alla fine, ha tirato molto, ma resiste. Prova ancora ad attaccare all'ultimo giro. Resiste, e al traguardo è terza.
La schiena torna dritta, ma è un attimo, perché subito le mani coprono il volto: sarà mica ancora arrabbiata? Macché, quasi piange, è commossa. Verrebbe da dire: "Finalmente, te lo sei meritato". Una cosa strana persino per mamma Maria Luisa, che aveva detto alla vigila: "L'unica volta che ho visto esultare mia figlia è stata a Vancouver per il bronzo".
Come oggi, però, forse non l'avevano mai vista nemmeno loro. Come uno sfogo dopo la tempesta: ha vinto ancora Arianna, ha vinto la sua seconda medaglia a Sochi, la quarta - a soli 23 anni - olimpica della sua carriera. Roba da mostri. Roba da chi non si accontenta, mai, nemmeno quando vince una medaglia d'argento.