Pedalando nel Grande Nord tra orsi e caribù per realizzare i propri sogni – Stefano Elmi – In Alaska fa caldo – Il Nord, la bicicletta e Jack London – edicicloeditore – Pag. 190 – Euro 16.00.
di Giuliano Orlando
Quando un libro inizia dalla fine, ti domandi se l’autore è sulla giusta strada oppure non ha idee chiare. Per Stefano Elmi, il problema è di averne troppe, di bruciarle in fretta e poi, cercare affannosamente di recuperare le tracce di ogni avventura. Parliamo di avventure raccontate alla velocità di una bici, il mezzo che l’autore guida come fosse il suo computer e quindi lo orienta a seconda dell’umore, del momento e del luogo dove si trova. Ma ha un grande pregio, sa scrivere e descrivere in modo delizioso queste apparenti stravaganze, perché in realtà offre spicchi di saggezza e spiega a suo modo, perché il mondo è tanto vario, pazzo e affascinante. Come questo viaggio in bici nello spazio geografico occidentale dell’estremo Nord, tra il golfo dell’Alaska che cinge Stati Uniti e Canada, in un abbraccio sia teoricamente che in pratica gelato, dove l’altra sponda è il Mare di Beaufort, altro luogo col ghiaccio quale costante dove le tempeste hanno il color bianco del gelo. Molto indovinato il paragone tra bici e penna, entrambe scrivono storie e stati d’animo, sofferenze e gioie, con la differenza che la prima non le cancella, mentre l’altra consente correzioni e permette la bella copia. Il nostro viaggiatore arriva a Kelowa che si affaccia sul lago Okanagan nella regione della British Columbia, che le agenzie di viaggio, descrivono come la Florida del Nord. Lago delle meraviglie, cittadina da favola. Un pezzo di quel Canada da sognare. Lui trova una guest-hause sporca con la padrona cinese occupata a contare soldi, un caldo asfissiante e un altro cinese che fa la spia, perché l’ospite mangia fuori orario. Il lago è avvolto dalla nebbia che cancella ciò che i poster illustrano. Tutto molto kafkiano al punto da rimpiangere Ninilchick, nella penisola di Kenai in Alaska, un vecchio borgo di pescatori fondato dai russi nel 1800. Note iniziali sul finire del viaggio, scattato tre mesi prima, partendo da Calgary e dopo 5000 km. di pedalate, in un ambiente spesso inospitale, dove gli incontri non erano solo umani, ma mettevano sul conto alci, orsi e caribù e altra fauna locale. Nell’attesa di volare verso Kelowa, la mente ripercorre la sua storia. Perché ha deciso di viaggiare evitando le comodità del progresso, tornando indietro nel tempo, ignorando quanto possibile la tecnologia. Colpa e merito dell’edizione italiana del “National Geographic”, che nel 1998, pubblica la storia di Roff Smith, giornalista, viaggiatore, ciclista e avventuriero che compì un viaggio in solitaria attorno all’Australia. Il nostro eroe imbevuto di quelle storie, sceglie l’Alaska e ci racconta come ha vissuto l’esperienza. Se lo facessi io, perderebbe la sua freschezza, la sua genuinità. Posso anticiparvi che è un racconto divertente, ricco di imprevisti come sempre succede a chi ha tante mete da raggiungere, tutte inesplorate. Sbaglia spesso strada, torna indietro e comunque arriva in Alaska nel territorio dello Yokon, attraversa il confine canadese entra negli USA e conosce parecchia gente, tutte più o meno particolari. Coppie di francesi che si propongono di arrivare in Argentina, un viaggetto da niente, un tedesco che pedala su una bici da corsa per attraversare montagne ghiacciate. Ma pure il nostro protagonista non scherza. Armato di cartine del posto, attraversa a sua volta montagne che lo fanno disperare. Ma alla fine il ragazzo toscano torna casa soddisfatto per l’impresa e la racconta in questo libro che una volta letto, torni indietro per ricordare i cento episodi curiosi e incredibili, di un avventuriero su due ruote. Con le quali ha scritto una storia lunga 5000 km. senza cancellare una riga. Davvero una bella impresa.
Giuliano Orlando