Sbam, stock, spack! Mamma che botte! Che suono fa la palla colpita dall’ultimo fenomeno, che impatto micidiale ottiene dall’altra parte del net, contro tutti gli avversari! Arriva sempre quello che picchia più forte, arriva sempre quello più giovane e cattivo, arriva sempre quello che ti supera, e ti manda in pensione. Questa, dagli spalti del centrale del Foro Italico, è la considerazione che viene da fare su Sascha Zverev, il nuovo che avanza, sempre nelle finali di Roma, dal 2017, quand’ha demolito Novak Djokovic, firmando per la prima volta gli Internazionali d’Italia e anche il primo Masters 1000, al 2018, quand’ha perso contro Rafa Nadal, cedendo forse solo per la pioggia che gli ha annacquato la concentrazione e le polveri sul 3-1 al terzo set. Perché è vero che poi questa finale di Roma numero 75 la cede a Rafa Nadal – che così mette l’ottavo sigillo nell’albo d’oro – ma ancor più di dodici mesi fa, la prestazione di Sascha è davvero impressionante. E promette ancor più di quella dello scorso anno.
Semplicemente, il potente tedesco di ceppo russo, alto 1.98, agile e veloce su due gambe da fenicottero, servizio e rovescio ma anche dritto che non scherza, ha confermato che, oggi, paga solo d’esperienza. Una merce che non si acquista, ma si acquisisce soltanto sul campo. Bello, poi, è il modo in cui prorompe con la sua fragorosa gioventù e si esalta con la sua faccia imberbe, un po’ come fece il connazionale Boris Becker quando conquistò a sorpresa Wimbledon nel 1985. Bello il modo in cui mette in estrema evidenza i 21 anni appena compiuti (il 20 aprile 1997), facendo appassire ancor più del dovuto i quasi 32 anni che il Maciste di Maiorca festeggerà il 3 giugno, come sempre durante il Roland Garros. Cioè lo Slam che ha vinto dieci volte, da più grande campione di sempre sulla terra rossa.
Articolo scritto da Vincenzo Martucci (SportSenators.it). Per continuare a leggere l'articolo, clicca QUI.