Morfologicamente e quindi esteticamente, Tyson Fury (32-0-1) non è certo l’ideale del gigante. Lungo i 2 metri e 6 centimetri di altezza, trovi due gambe da trampoliere, prive di muscolatura, in compenso si muovono rapide, mandando fuori misura gli attacchi degli avversari. I fianchi sono da fattrice, il giro vita è inguardabile, fasciato da una massa di grasso degno del travet che trascorre la giornata sul computer. Il cosiddetto torace fotografa un seno dominante, le braccia non hanno traccia di muscoli. Questo signore di 32 anni è il re dei massimi versione WBC e calca il ring dal 2005, con un record di 31 vittorie e 4 sconfitte da dilettante, bronzo ai mondiali jr. 2006 ad Agadir in Marocco, argento agli europei jr. 2007 a Varsavia (Polonia), battuto in finale dal russo Babanin che oggi distruggerebbe in un paio di round. Professionista dal 2008 a 20 anni, conquista il titolo inglese nel 2009, la cintura del Commonwealth nel 2011, l’Internazionale WBO nel 2014 e sorprende il mondo il 28 novembre 2015 a Dusseldorf in Germania, scalzando l’ucraino Wladimir Klitschko che deteneva varie cinture da 11 anni e le aveva difese ben 27 volte. Il clamoroso successo gli diede letteralmente alla testa, nel modo più scellerato possibile, infilandosi nel tunnel della droga, tanto da dover rinunciare ai titoli WBA, WBO e IBO che aveva conquistato sul ring. Questo avveniva il 13 ottobre 2016. Pensare ad un recupero sembrava folle. Invece la moglie e l’ostinazione del suo promoter Frank Warren hanno compiuto il miracolo che non ti aspetti. Dopo quasi due anni e sette mesi, torna sul ring e dopo due match di rodaggio, affronta Deontay Wilder, campione WBC, il più forte picchiatore tra i giganti, che presenta un record di 40 vittorie e altrettanti KO. Il gitano irlandese, conduce le danze per dieci round, poi finisce la benzina e Wilder raddrizza un match che sembrava segnato. Il pari lo premia ma lascia anche capire che il gigante pallido è pronto a sostituirlo. Cosa che avviene il 22 febbraio 2020 a Las Vegas con Wilder KOT al settimo round. Stavolta il trionfo non gli fa perdere la testa. A 30 anni è maturo e consapevole che il ritorno al vertice significa la certezza finanziaria per il futuro. Lo scorso ottobre ancora a Las Vegas concede la rivincita a Wilder col quale chiude il conto. Ma per battere il gigante di Tuscalosa in Alabama, ha dovuto soffrire e pagare lo scotto di due atterramenti, il bagliore di un campione al tramonto ma dall’orgoglio infinito. L’altra sera sul ring di Wembley, per l’organizzazione di Frank Warren e la Top Rank di Bob Arum, davanti a circa 100.000 spettatori, Tyson ha trovato un altro gigante di colore Dillian Whyte (28-2), dai muscoli strabordanti, nato in Giamaica nell’aprile 1988 (34 anni), che inseguiva questa opportunità da anni. Ci era andato vicinissimo il 22 agosto 2020, di fronte al veterano russo Povetkin, nella semifinale imposta dal WBC. Whyte stava dominando, nel quarto round lo aveva fatto contare due volte, nella ripresa successiva Povetkin trovava un micidiale montante sinistro al mento e per Whyte si spegnevano le luci. Sette mesi dopo a Gibilterra, la vendetta arriva puntuale: Povetkin va KO alla quarta ripresa. La sfida di Wembley è durata sei round, lungo i quali la superiorità di Tyson è apparsa talmente netta da sfiorare il ridicolo. Lo sfidante ha provato ad attaccare, si è buttato addosso al rivale, mulinando le braccia ma trovando raramente il bersaglio. Spesso finiva sulle corde, penzolando la parte superiore fuori dal ring, per gli spostamenti del campione. Whyte ha subito una lezione totale e il montante destro che lo ha scaraventato al tappeto, con la leggera spinta di Tyson, per evitare gli franasse addosso, è stata la conclusione di un confronto a senso unico. Quando l’arbitro ha dichiarato il KO mancava un secondo alla fine della sesta ripresa. Che dopo il match lo sconfitto abbia dichiarato che è stata una scivolata la causa della sconfitta, significa che ancora non aveva smaltito gli affetti della lezione. Ma pure al giudice che assegnava un punto a Tyson, andrebbe fatto l’esame per capire quante birre avesse tracannato prima del match. Dal canto suo, il trionfatore metteva in allarme i suoi fan, parlando di abbandono della boxe. Idea smentita il giorno dopo. Pur dichiarandosi ricco a sufficienza per vivere di rendita, con un conto che supera i 150 milioni di dollari, ai quali vanno aggiunti i 33 milioni (25 netti per il pugile), l’opportunità di raddoppiare il già lauto bottino con un paio di difese ed eventuale arricchimento delle cinture, è una sirena difficile da ignorare. Personalmente spero che affronti l’ucraino Usyk, anche se gli inglesi sognano lo scontro con Anthony Joshua, che ritengo non ascolterebbe il gong dell’ultima ripresa. Mentre col mancino di Shypyntsi in Crimea, la sfida sarebbe molto equilibrata e il vantaggio per Tyson risulterebbe minimo. Il ventilato incontro con regole della MMA, contro il campione UFC, Francis Ngannou, presente a Wembley, penso sia un diversivo. Il resto del programma ha visto il successo del mediomassimo Karol Itauma (7) su Michal Ciach (2-12) finito KO al secondo tempo. L’altro mediomassimo Tommy Fury (8) batte il polacco Daniel Bocianski (10-2) ai punti. Molto spettacolare la sfida valida per il silver piuma WBC tra Nick Ball (15) e Isaac Lowe (21-2-3). Ball domina il match, per Lowe è stata una punizione, lo stop al sesto round.
La Danimarca torna ad avere un campione europeo, grazie alla vittoria ottenuta sul ring di Copenaghen, da parte di Enock Mwandila Poulsen (12) contro il francese Franck Petitjean (23-6-3) al termine di un confronto molto equilibrato e drammatico, facendo esplodere la rabbia da parte francese, che ritenevano Petitjean il reale vincitore. Il nuovo campione dei superleggeri, nativo dello Zambia, in effetti ha sofferto non poco lungo i dodici round. Prima si è infortunato alla spalla, poi si è ferito alla fronte e al nono round è stato contato. Nonostante questi guai, la migliore impostazione e i colpi lunghi, il punteggio finale lo ha visto prevalere sul mancino francese. Si è trattato dell’ultima riunione allestita da Mogen Palle (83 anni) e dalla figlia Bettina, attivo dagli anni ’60. Tra i tanti campioni da lui gestiti i fratelli Johnny e Jimmy Bredhal, l’ugandese Ayub Kalule, Magne Havna, Mikkel Kessler e molti altri. L’ultimo titolare europeo della terra di Amleto, fu il cruiser Johnny Jensen, che lo conquistò a spese di Vincenzo Cantatore nel dicembre 2007, sul ring di Roma, vincendo per KO alla seconda ripresa. Perso alla prima difesa contro il marsigliese Marc Monrose nel maggio successivo, che lo mise out al primo round.
Il prossimo week end ha due appuntamenti di grande risonanza negli USA. Il primo al Madison Square Garden di New York, tra le due star assolute del boxing femminile. L’irlandese Katie Taylor (20) mette in palio le quattro cinture (WBC, WBA, WBO e IBF) leggeri contro la portoricana Amanda Serrano (42-1-1), in quella che viene considerata la sfida al femminile del nuovo secolo. Americanate a parte, si tratta di un confronto di alto livello. I pronostici indicano nella Taylor la netta favorita, ma la Serrano anche se combatte solitamente nei piuma, non è la prima volta che combatte nei leggeri. Nel suo record figurano i mondiali supermosca, gallo, supergallo, piuma, superpiuma, leggeri e addirittura superleggeri nel 2018. Incredibile la capacità della portoricana di scendere e salire nelle diverse categorie. L’8 settembre 2018 batte l’argentina Yamila Esther Reynoso nei superleggeri e quattro mesi dopo scende nei supermosca e mette KO al secondo round l’austriaca Eva Voraberger, il 13 settembre dello stesso anno, conquista la cintura dei piuma a spese della battagliera Heather Hardy (USA). Sempre a New York e sempre per il WBO. La Serrano, mancina come la Taylor è velocissima e mobile, votata all’attacco, piace per il suo stile aggressivo. A conferma che quasi sicuramente vedremo una battaglia molto equilibrata. La Serrano, nata in Portorico il 9 ottobre 1988 (33 anni), risiede a Brooklyn uno dei distretti di New York. Carriera dilettantistica senza acuti, ha iniziato la boxe, seguendo la sorella Cindy (27-6-3), sei anni più anziana, mondiale WBO piuma nel 2016 e 2017, che ha chiuso la carriera il 20 ottobre 2018, sconfitta sul ring di Boston (USA) proprio da Katie Taylor, per le cinture leggeri WBA e IBF. Si tratta quindi di una rivincita sia pure indiretta, ma ugualmente sentita. L’irlandese Katie Taylor (20), nata il 2 luglio 1986, (35 anni), una carriera dilettantistica favolosa con cinque ori mondiali, quello olimpico nel 2012 a Londra, titoli europei e tornei internazionali. Ha fatto parte della nazionale irlandese di calcio, affrontando nel 2008 anche l’Italia, contro la quale segnò il gol della bandiera, contro i quattro dell’Italia. Calca il ring dal 1998 a 12 anni, sempre guidata dal padre Peter. Passa professionista il 26 novembre 2016 firmando per la Matchroom di Eddie Hearn, che l’ha portata in tempi brevi ai vertici mondiali. Oltre alle cinture WBC, WBA, WBO e IBF nei leggeri, ha vinto anche il WBO superleggeri, subito lasciato. Una serata allestita dalla Matchroom di Eddie Hearn, che propone un altro match mondiale al femminile nei supermedi. Pure in questo confronto ci sono quattro cinture di sigla in palio. Francan Crews Dezurn (7-1) di Baltimora nel Maryland, titolare WBO e WBC, esordio nei pro nel 2016 contro la pluritìtolata Claresa Shields, vincitrice ai punti sui 4 round. Sul fronte opposto la longilinea svedese Elin Cederroos (8) pro dal 2017, da gennaio 2020 ha disputato solo tre match ed è ferma da 16 mesi. Mette in palio i trofei WBA e IBF ed è un punto interrogativo. Finora imbattuta, ha il vantaggio della statura e dell’allungo, da vedere se saprà rispondere agli assalti dell’americana. Da seguire anche il superwelter inglese Liam Smith (33-3-1) che tenta una rimonta faticosa a 33 anni, dopo un percorso esaltante da 2008 al 2015, col mondiale, poi tre inciampi pesanti tra il 2016 e il 2021. Il primo contro Canelo Alvarez, l’altro col messicano emergente Munguja (39) nel 2018 e l’anno dopo di fronte al russo Kurbanov (22). Hearn lo ripropone contro Jessie Vargas (29-3-2) di Las Vegas, un buon fighter che non dovrebbe essere ostacolo insuperabile. Diversamente il pensiero del ritiro potrebbe risultare la soluzione più giudiziosa. Con ambizioni giustificate sale sul ring il giovane medio mancino Austin Williams (10), contro il trentenne Chordale Booker (17), ottimo dilettante, che esamina il più giovane avversario. Il risultato potrebbe risultare determinante per il salto di qualità.
L’altro appuntamento di vertice di sabato è stato fissato a Las Vegas ed è all’insegna del KO, trattandosi della sfida tra due fighter la cui percentuale delle vittorie prima del limite è impressionante. La ghiotta occasione la propone la Top Rank di Bob Arum al Grand Gardner Arena. Il messicano Oscar Valdez (30) pro dal 2012 a 21 anni, dal 2016 al 2020 incontrastato re dei piuma, tra gli sfidanti battuti anche il nostro Tommasone nel 2019 a Frisco, Il 20 febbraio 2021 a Las Vegas detronizza il mitico connazionale Miguel Berchelt, che regnava nei superpiuma WBC dal 2017, imponendogli un KO devastante al decimo tempo.
Dopo averlo difeso il 9 ottobre 2021 a Tucson (Usa) contro il brasiliano Robson Coincecao (17-1) oro ai Giochi di Rio 2016, facendo più fatica del previsto, incrocia il più giovane e ambizioso mancino Shakur Stevenson (17), 24 anni di Newark nel New Jersey, pro dal 2017, caratterino niente male, ma anche grande talento, che ha già conquistato la cintura WBO e punta al bis. Non ha la dinamite come Valdez, ma è abile a sfruttare ogni opportunità. Un match molto atteso dagli appassionati.
In attesa di un maggio rovente. Che mette in calendario a Las Vegas (USA) venerdì 7, la sfida tra il messicano di pelo rosso, Canelo Alvarez (57-1-2) e Dmitry Bivol (19), nato a Tokmak in Kyrgyzstan, russo di passaporto, per il mondiale mediomassimi WBA che detiene Bivol. Il 14 a Carson (USA) il mondiale superwelter tra Jermell Charlo (34-1-1), 31 anni, titolare WBC, WBA, IBF, WBO contro l’argentino Brian Carlos Castano (17-0-2), 32 anni, che il 17 luglio scorso a S. Antonio nel Texas, gli impose il pari e giustamente ha ottenuto di riprovarci. Il 21 a Glendale (USA) il picchiatore di Phoenix, David Benavidez (25) con 22 KO, tenta di conquistare l’interim WBC dei superwelter a spese del canadese David Lemieux (43-4) 34 anni ed esperienza da vendere.
Giuliano Orlando