A distanza di 11 anni lo Stato Italiano ha risarcito Paolo Scaroni con 1,4 milioni di euro. L'ultrà del Brescia, il 24 settembre 2005, fu ridotto in fin di vita dalle forze dell'ordine presso la stazione di Verona: dopo aver lottato tra la vita e la morte per oltre 2 mesi, fu dimesso dall'ospedale nella primavera del 2006 ma i tentativi di riabilitazione sono risultati inutili. Scaroni ha infatti subito menomazioni permanenti e croniche, sia fisiche che intellettive e fu costretto a lasciare il lavoro di allevatore per curarsi. Nel 2013 il giudice assolse gli agenti imputati pur scrivendo che "Scaroni subì un pestaggio gratuito, immotivato rispetto alle esigenze di uso legittimo della forza".
Furono identificati e chiamati a processo in otto ma la legge impone di riconoscere le responsabilità personali, cosa resa impossibile dalle immagini di sorveglianza della stazione incomplete. In attesa del processo di appello è arrivato il maxi-risarcimento da 1 milione e 400mila euro, versato interamente dallo Stato che ammette così la responsabilità. Nonostante la somma ricevuta, Scaroni non ha intenzione di perdonare: "Se io, ultrà, sono il male della società, come sento dire spesso, chi mi ha ridotto così cosa è? — si chiede parlando a Il Fatto Quotidiano - In questi anni ho dovuto imparare di nuovo a parlare, camminare, muovermi... ma questi soldi non cancellano nulla: questa macchia è indelebile, se pensano che dimenticherò tutto il male che mi hanno fatto si sbagliano di grosso".
Il tifoso, infine, rincara la dose accusando direttamente lo Stato: "Si è arrogato il diritto di strapparmi la vita di dosso, me l’ha presa e l’ha buttata nel cesso. Il giudice ha detto che le forze dell’ordine sono state forze del disordine. Questo ha aperto la strada alla vittoria in sede civile, ma io trovo indegno di una democrazia che il Ministero non abbia nemmeno comunicato ufficialmente nulla ai propri cittadini in merito a questo risarcimento. Evidentemente non vuole che si sappia".