“Siamo giunti a una conclusione chiara e inequivocabile: Abiola Wabara mente. Senza giri di parole, la questione è questa, sono tutte bugie, non c'è stato alcun coro razzista”. Questo, in sintesi, il contenuto di un comunicato congiunto diffuso dai gruppi di tifosi organizzati Eagles Cantù e Ultras Como, dopo le polemiche nate in seguito ai cori razzisti indirizzati alla giocatrice italiana di colore durante la sfida di mercoledì scorso tra Comense e Geas Sesto San Giovanni, valida per i playoff del campionato A1 di basket femminile.
“Incredibilmente – si legge nella nota - questi cori li avrebbero sentiti solo lei (Wabara, ndr) e i suoi dirigenti, nessun altro. In particolare i cori razzisti, benché asseritamente ripetuti per tutta la partita, non li hanno sentiti gli arbitri che niente hanno riportato a referto (perché niente c'era da riportare) né sono stati sentiti dai dirigenti della squadra comasca né dal migliaio di spettatori presenti. Tutti sordi tranne la povera vittima? La verità è che la giocatrice, a fine partita, ha perso il controllo, ha “sbroccato”, come a volte capita a tutti i giocatori di qualsiasi colore ed è andata verso i tifosi con fare minaccioso e mostrando ripetutamente il dito medio, a quel punto probabilmente si è accorta di aver esagerato e di rischiare una squalifica e si è giustificata con la provocazione dei cori razzisti che, ripetiamo, non ci sono mai stati”.
Partendo da questa ricostruzione, i gruppi di tifosi organizzati lanciano due appelli: “Il primo a chi era presente mercoledì, e può riferire quanto realmente successo, a farsi avanti e dichiararlo apertamente mandando una mail ai quotidiani locali e nazionali o scrivendo direttamente alla Questura; il secondo, ad Abiola Wabara, che porga le sue scuse a noi, a tutto il pubblico presente, alla Società Comense e, soprattutto, che si scusi con tutti coloro che vittime di cori razzisti lo sono stati davvero. Reclama giustizia ma pratica furbizia”.