Verso il Bosforo. A piedi da Roma a Costantinopoli tra gatti, tempeste, rakija e selve oscure
– Un viaggio strampalato e kafkiano, al limite dell’impossibile con sofferenza e ironia compagni inseparabili - Stefano Cascavilla - Verso il Bosforo. A piedi da Roma a Costantinopoli tra gatti, tempeste, rakija e selve oscure - Ediciclo editore - Pag. 216 – Euro 17.00.
di Giuliano Orlando
Un viaggio infinito, con 44 tappe, un pellegrino particolare e ateo, visto che non lo ha spinto nessuna folgorazione spirituale. Semplicemente, come spiega nell’introduzione, “Non devo scontare peccati e neppure andare a combattere a Filippi. Voglio fare una cosa che manca. Andare a piedi per chi ha una macchina”. L’affermazione fotografa l’autore, che racconta in modo molto personale un percorso dove gli imprevisti sono la normalità e nella normalità figurano gli imprevisti. Leggendo il libro ho ripensato a certi racconti di Kafka, dove l’astratto dipinge la realtà e quindi trova la risposta ad eventi del tutto lontani dalle attese. Lettura piacevole, pennellata con brio e ironia, in ogni situazione, anche quelle drammatiche, sempre risolte positivamente. Vissute nelle diverse realtà ambientali, dall’Italia a Costantinopoli, passando dall’Albania alla Grecia, la Macedonia del Nord, la Bulgaria e finalmente la Turchia. L’abilità dell’autore è quella di far risaltare quello che solitamente è anonimo. Un gatto sornione e questo felino rappresenta uno degli argomenti preferiti, una costante positiva che aggettiva così: rossicci, grigi, neri, bicolore, paffuti, esili, lanosi, ruffiani, sospettosi, affamati, indifferenti o coccoloni. Li trova sul muretto di Silivri, nella cucina di Oukes. Quelli di Edessa, Salonicco, Ipsale, Gravina, Florina, fino al cornicione del cimitero di Istanbul, fiero, tra le lapidi dei califfi. Un ritratto stupendo è quello della contadina che vende i polli in Albania e ti trova pure dove riposare, lavarti e lavare i vestiti. Il camionista che ti offre il caffè e racconta la sua vita. Ancora gli animali diventano protagonisti, i cani che sembrano avere un conto aperto e arcigno nei suoi riguardi, le bufale e ogni tipo di bovino, le cicogne e le oche, fanno parte di un esercito contro il quale deve combattere e dal quale trae considerazioni filosofiche. Ma le battaglie più fiere sono contro la pioggia e il fango, che lo investono e lo deprimono. Pure il sole è avversario feroce, quando batte implacabile sul terreno privo d’ombra. Da non sottovalutare i cartelli stradali che diventano un problema, quando li trovi in Albania, in Grecia o in Bulgaria. Ti mandano fuori strada e sono dolori. Alle gambe e ai piedi. La ricerca di un ristoro, di una pensione, di un tetto per dare al corpo quel riposo anelato per ore ed è una specie di inseguimento alle ombre, che pensi di afferrare e ti sfuggono dalle mani. Quando pensi di avercela fatta, scopri che sono rimaste solo le macerie. I muri sbrecciati e le piante che ne hanno preso il posto, riappropriandosi di ciò che era loro. Sensazioni a non finire, mentre la meta, lentamente si avvicina. Chi l’avrebbe mai detto, pensando che alla seconda tappa, arrivando a Cisterna, spalle e gambe, piedi e caviglie e pure gli addominali, erano a pezzi. Come consolazione: la carcassa si sta adattando. In fondo era la verità. Ad ogni confine atmosfera diversa. Anche i doganieri hanno un cuore, ma pure la cattiveria di mutarti da viaggiatore a trafficante pericoloso. Poi ci sono i nomi di cittadine o paesi più simpatici di altri. Come non fermarsi a Elbasan in Albania. Dove trova appunto la contadina che vende i polli, scarpe allineate in strada, vecchie e nuove in vendita. Il mercato, con stesi sopra un’auto, tappeti con teste di tigre dai colori vivacissimi. La taverna e l’irresistibile odore di cibo fritto e grasso, l’insalata di pomodoro, cipolle e prezzemolo. Finalmente appare Costantinopoli, nel suo splendore e nelle sue povertà. Potrei raccontarvi le sensazioni del pellegrino ateo. Invece no. Mi fermo e chiudo la mia partecipazione al viaggio. Aggiungo che troverete ogni dettaglio nelle pagine finali. L’abaco dei luoghi dove si è fermato, il tempo meteorologico che ha trovato, cosa conteneva il suo zaino, i sigari che ha fumato e la pipa in alternativa. La conchiglia che sventola come una bandierina. E il libro del 1925 acquistato al mercato prima di tornare casa. Altro troverete di questo viaggio che affascina e coinvolge. Perché in fondo l’autore è uno di noi. Anche se non sempre le idee o le decisioni collimano. Ma si tratta di sfumature, magari lunghe mille e più chilometri.
Giuliano Orlando