Voci dal cratere
Un percorso a piedi in una terra silenziosa e ferita - Ermanno Bosco – Voci dal cratere. Nelle Terre Mutate da Fabriano a L’Aquila dopo il terremoto. Pag.388 – Euro 18.00 – Ediciclo editore.
di Giuliano Orlando
Dov’ero? Si chiede l’autore del libro, il 24 agosto 2016 quando scompariva Amatrice, rasa al suolo da un terremoto di magnitudo 6.0 con epicentro Accumoli. E la mattina del 30 ottobre che segnava la più forte scossa dopo quella dell’Irpinia nel 1980? E quando la basilica di San Benedetto, patrono d’Europa veniva declassata a “rovina”, quando il campanile di Amatrice crollava e l’Hotel Rigopiano scompariva sotto una montagna di neve? Domande tragiche che chiedono il riscontro entrando nel cuore di quelle terre ferite a morte. La strada che percorre è muta, ma il silenzio urla la sua rabbia e specchia come i ruderi che sfiora diventano parte di sé stesso. Ritrova città che aveva percorso anni addietro, A Fabriano, fa una retrospettiva storica, gli echi che lo riportano ad aprire la porta del passato, aprendo spicchi di civiltà antiche, alla confusione della vita medioevale, alla lingua latina che nel volgere dei secoli scivola nel volgare. Il presente è una donna di colore che insegue i bambini nel parco giochi e un anziano al tavolino del bar sulla piazza. Lascia la città della carta, dopo aver cercato e trovato i segni del dramma, inseguito dai cartelli sui portoni delle corti medioevali: “vendesi” e “affittasi” o “Cedesi attività”, biglietti da visita di un tramonto crudele. I paesi sono sentinelle senza volto ma anche testimoni come fantasmi ricorrenti. Nel suo camminare dolente memorizza centri e periferie, dove le case si diradano e le lucertole giocano tra le foglie, fuggendo al rumore dei passi. Matelica, Castelraimondo e Castel Santa Maria che ha ben tre cerchie murarie e quando arriva, a Tokyo si corrono i 100 metri che si tingono d’azzurro. Lascia la sua impronta di sudore sulla panchina, che riceve l’ombra dall’albero che lo sovrasta, conversa con Mario, sessant’anni. “Cammini – chiede – da dove vieni?”, se risponde da Sovico, territorio monzese a Nord di Milano, lo prendono per pazzo. Spiega che la sua camminata inizia da Fabriano. Anche Mario ha la sua storia: “A vent’anni ho lasciato il mio paese per Roma e una vita migliore. Adesso sono tornato ma col terremoto tutto è cambiato in peggio”. Il colloquio con gli altri ripete la prima storia con stordente monotonia. I passi non possono contare i chilometri, ma i saliscendi scandiscono la fatica come il rintocco delle campane. A Fiastra entra nel Parco dei Monti Sibillini, e suor Cristina gli apre la porta della Chiesa e lo benedice pure. Il paese è barricato, la vita si svolge nei prefabbricati, addensati tra la piazza e la strada. Damiano gestisce il bar del paese e mentre bevono una birra assieme, ha tempo di raccontare: “Mi sono laureato in geologia a Camerino. Sono tornato dopo il terremoto e ho rilevato il locale. Quando c’è stato il terremoto, il posto era pieno di turisti, dopo, l’esodo totale”. Nonostante il silenzio dolente è fiducioso: “Sembra che qualcosa si muova”. Lui ha dato il buon esempio. A Ussita trova una betoniera che vomita asfalto e una ruspa che lo appiattisce, al momento resistono un bar, il negozio di alimentari, un meccanico e la pro Loco. Ci sono presenze al bar e rumori sui tetti. Resiste anche il rifugio Casali in Val di Panico, gestito da Claudio e Luca che avevano firmato il contratto un mese e mezzo prima del terremoto. Ricorda Claudio: “La scala di servizio vibrava fortissimo. I giorni dopo ho cucinato per tutti pastasciutta, ma i presenti non riuscivano a mangiare. Qui attorno sono tutte seconde case, gli abitanti sono solo otto. Adesso proviamo a ricominciare”. Passo dopo passo prosegue il cammino nel cuore del cratere. Ad Accumuli, il ricordo è costellato di oggetti e abbandono, i bagni chimici diventano l’arredo del paese, l’esistenza di case e ville testimoniate dai cancelli che separano gli arbusti e le piante che diventeranno un unico cespuglio. Le proprietà senza i proprietari. Amatrice, la meta finale è vicina. Le case che hanno resistito si popolano a intermittenza. In estate ci abitano poi tornano altrove. Sul monte Cardito si possono osservare i paesini sottostanti: Macchie Ardenza, Collabate, Pozze Testa e Poggio Castelli. I segni di vita sono le persone che appaiono improvvise da muri sbrecciati, da alberi pietrificati e cani magri che forse cercano l’odore del padrone scomparso. L’ultimo frammento del cratere è il memoriale, oggetto che scopre a L’Aquila, inaugurato il 27 settembre 2021 nel Parco della Memoria, fresco eppure già trascurato. Il viaggio è compiuto, il mostro lo ha visto in faccia e adesso deve riempire di senso il cratere.
Giuliano Orlando