Volley: Berruto, maestro di sport

Pubblicato il 9 gennaio 2014 alle 20:33:49
Categoria: Notizie di attualità
Autore: Redazione Datasport.it

Si parla spesso di 'cultura sportiva', 'rispetto degli avversari' e 'valori dello sport' ma poi settimanalmente ci si trova a commentare cori razzisti, partite truccate o incidenti tra tifosi e tutte le belle parole crollano come un castello di carte. E' bello quindi, per una volta, dare spazio a chi crede che lo sport possa davvero avere un ruolo educativo e un peso nella società capace di guidare i giovani, come il ct della Nazionale italiana di volley Mauro Berruto. Il tecnico azzurro ha pubblicato sul suo sito internet una lettera destinata a tutti i genitori invitandoli, ironicamente, a stare lontani dalla pallavolo. Il 'rischio', stando alle parole di Berruto, è che "i nostri ragazzi e ragazze arrivino a credere nella forza e nella bellezza dello sport, della squadra, del collettivo e della comunità".

Berruto è un uomo che crede molto nel lavoro e nell'allenamento e nella sua carriera da tecnico della Nazionale ha conquistato cinque medaglie mondiali tra Olimpiadi, Europei, World League e Grand Champions Cup. Resta ancora da vincere la medaglia dal metallo più prezioso e il ct ha già rivelato che sarebbe un sogno farlo nel prossimo Mondiale in casa o alle Olimpiadi di Rio 2016. Nel frattempo però c'è uno sport da raccontare, dei genitori a cui parlare e dei ragazzi da educare: perché si può vincere anche con una mentalità diversa da quella dominante, provando a dare al nostro paese una vera cultura sportiva.

Ecco il testo integrale della lettera pubblicata da Berruto sul suo sito ufficiale e contenuta anche nel volume 'Sogni di gloria. Genitori, figli e tutti gli sport del momento' edito da Feltrinelli:


Cari genitori,

mi rivolgo a voi in quanto esseri adulti, razionali e con la testa ben piantata sulle spalle. Preferisco essere proprio io a dirvelo, con cognizione di causa e prima che lo scopriate sulla vostra pelle: la pallavolo è lo sport più pericoloso che esista.

Vi hanno ingannato per anni con la storia della rete, della mancanza di contatto fisico, del fair play. Ci siamo cascati tutti, io per primo, il rischio è molto più profondo subdolo. Prima di tutto questa cosa del passaggio…In un mondo dove il campione è colui che risolve le partite da solo, la pallavolo, cosa si inventa? Se uno ferma la palla o cerca di controllarla toccandola due volte consecutivamente, l’arbitro fischia il fallo e gliavversari fanno il punto. Diabolico ed antistorico: il passaggio come gesto obbligatorio per regolamento in un mondo che insegna a tenersi strette le proprie cose, i propri privilegi, i propri sogni, i propri obiettivi. Poi quella antipatica necessità di muoversi in tanti in uno spazio molto piccolo. Anzi lo spazio più piccolo di tutti gli sport di squadra! 81 metri quadrati appena… Accidenti, ci mettiamo tanto ad insegnare ai nostri figli di girare al largo da certa gentaglia, a cibarsi di individualismo (perché è risaputo che chi fa da sé fa per tre), a tenersi distanti da quelli un po’ troppo diversi e poi li vediamo tutti ammassati in pochi metri quadrati, a dover muoversi in maniera dannatamente sincronica, rispettando ruoli precisi, addirittura (orrore) scambiandosi ‘cinque’ in continuazione.

Non c’è nessuno che può schiacciare se non c’è un altro che alza, nessuno che può alzare se non c’è un altro che ha ricevuto la battuta avversaria. Una fastidiosa interdipendenza che tanto è fondamentale per lo sviluppo del gioco che rappresenta una perfetta antitesi del concetto con cui noi siamo cresciuti e che si fondava sulla legge: ‘La palla è mia e qui non gioca più nessuno’. Infine ci si mette anche il punteggio e il suo continuo riazzeramento alla fine di ogni set. Ovvero, pensateci: hai fatto tutto benissimo e hai vinto il primo set? Devi ricominciare da capo nel secondo. Devi ritrovare energia, motivazioni, qualità tecniche e morali. Quello che hai fatto prima (anche se era perfetto) non basta più, devi rimetterlo in gioco. Viceversa, hai perso il set precedente? Hai una nuova oggettiva opportunità di ricominciare da capo. Assolutamente inaccettabile per noi adulti che lottiamo per tutta la vita per costruire la nostra zona di comfort dalla quale, una volta che ci caschiamo dentro, guai al mondo di pensare di uscire. Insomma questa pallavolo dove la squadra conta cento volte più del singolo, dove i propri sogni individuali non possono che essere realizzati attraverso la squadra, dove sei chiamato a rimettere in gioco sempre ed inevitabilmente quello che hai fatto, diciamocelo chiaramente, è uno sport da sovversivi! Potrebbe far crescere di ragazzi e ragazze che credono nella forza e nella bellezza della squadra, del collettivo e della comunità. Non vorrete correre questo rischio, vero? Anche perché, vi avviso, se deciderete di farlo… non tornerete più indietro.


Mauro Berruto
Commissario Tecnico della nazionale maschile di pallavolo