L'ultima sirena, la festa sul parquet, poi la premiazione. Golden State vince il suo quinto titolo Nba e l'Oracle Arena di Oakland si scatena. A prendersi la scena è Kevin Durant, MVP delle Finals grazie ai suoi 176 punti, 27 assist e 40 rimbalzi nelle cinque gare della serie. Dopo 10 anni, il numero 35 vince il suo primo anello. La soddisfazione, per l'ex Oklahoma, è incontenibile: "A 55 secondi dalla fine sono andato da Iguodala e ho detto 'E' tutto vero?'. Lui mi ha detto di continuare a giocare, ma non ci riuscivo: stavamo per diventare campioni dell'Nba". Quando, ancora una volta, gli viene chiesto del suo rendimento nelle Finals, delle quali è stato il miglior giocatore, KD condivide la scena con i compagni: "Parliamo di Patrick McCaw stasera, un rookie in campo in una finale, parliamo di Zaza capace di fare il suo in quintetto. Parliamo di Steph, che si è guadagnato 15 tiri liberi segnando 34 punti e fornendo 14 assist". Una scalata, per Durant, iniziata il primo giorno di allenamento: "Ricordo il training camp: non sapevo cosa aspettarmi, non conoscevo nulla di questa squadra, volevo solo essere me stesso. Nella prima amichevole in Canada ho capito che questo era il gruppo che cercavo. Il titolo è la ciliegina sulla torta". Non sono mancati, però, momenti difficili: "La sconfitta con Memphis è stata difficile da digerire. A Sacramento sono andato a cena con Draymond Green e lui mi ha consigliato semplicemente di essere me stesso e di non preoccuparmi, tutto sarebbe finito nel migliore dei modi. La mia sfida era cercare di capire come aiutare i miei compagni a diventare i migliori, cercando di essere il massimo come giocatore e come compagno. Dimostrare agli altri di sbagliarsi è roba da Twitter, conta lavorare duro per essere il miglior compagno possibile per questi ragazzi, e so che su un campo da basket nessuno si impegna più di me. Do tutto quello che ho dentro, amo e rispetto questo gioco. Ho creduto in me stesso, sapevo che ce l'avrei fatta".
Soddisfazione incontenibile anche per Coach Kerr, al settimo titolo Nba, il secondo anello da allenatore dopo quello nel 2015, sempre con Golden State. Prima i problemi alla schiena, poi la vittoria finale: "Vincere è sempre fantastico, ho avuto la fortuna di far parte di tante squadre vincenti, ma stasera è diverso, per via di tutto quello che ho passato. Mi congratulo con i Cavs, sono un gruppo fantastico. L'anno scorso ci hanno spezzato il cuore, quest'anno è toccato a noi. Siamo felici, ovviamente. Durant ha avuto una stagione incredibile. Tutti sapevamo quanto fosse forte dopo averlo visto giocare. Fin quando non vinci, però, ci sarà sempre chi ha da ridire. Ora non solo ha vinto, ma ha dominato le Finals, sono felicissimo per lui, come per Patrick McCaw e tutti gli altri. Non è stato poi così difficile assemblare questo gruppo. Quando hai giocatori di talento che sanno segnare, passare e palleggiare con altruismo è scontato che le cose vadano bene, non ho mai avuto dubbi che questa squadra potesse funzionare". C'è gioia anche nelle parole di Iguodala. L'MVP delle Finals 2015 elogia il coach: "Ha un cervello pazzesco. Lui vuole togliere ogni strato della cipolla per arrivare al cuore delle cose. E' un grandissimo comunicatore e lo sa fare in diversi modi con ognuno di noi, perché nessuno è uguale all'altro". Dichiarazione d'amore, invece, per Oakland da parte di Klay Thompson, da molti considerato "sacrificato" sul parquet: "Non mi sento così, e poi preferisco far parte di un gruppo in grado di scrivere la storia piuttosto che ottenere premi individuali. Spero di poter dare il mio contributo agli Warriors per molto tempo".
Molta delusione, invece, tra le fila dei Cavs. Ad esprimere tutto il suo disappunto, nonostante una serie impeccabile, è stato LeBron James, come sempre l'ultimo ad arrendersi anche ieri sera con 41 punti, 8 assist e 13 rimbalzi, l'unico nella storia dell'Nba a registrare una tripla-doppia di media nei cinque incontri, risultato che non ha però evitato la quinta sconfitta su otto Finals disputate. Nessun rimpianto per la stella di Cleveland: "Ho dato tutto quello che avevo in queste cinque sfide. Non abbasserò la testa. E' come scrivere il migliore articolo della propria vita e vedere vincere qualcun altro. Semplicemente, forse, non era il mio momento". LeBron, ad ogni modo, è indiscutibile. Impossibile non complimentarsi, da compagno o da avversario. Questo, in sintesi, il pensiero di Kyrie Irving: "E' il tipo di ragazzo che vorrei avere con me in guerra, perché so cosa aspettarmi: è un leader che ti fa sentire a tuo agio. Non vorresti mai fare un passo indietro. Se continuiamo a stare insieme, l'unico limite sarà il cielo. Ho imparato molto, sono orgoglioso di lui. Ha lasciato tutto sul parquet, con una tripla doppia di media nelle Finals. Ennesimo risultato da inserire nella lista di cose che tutti dimenticano di LeBron". Gli fa eco l'MVP, Kevin Durant: "E' l'unico che è riuscito a guardarmi negli occhi dal 2012 e reggere il confronto con me. Il suo record in queste cinque gare parla per lui, non c'è bisogno di aggiungere altro"