Revisione dei calendari, terza coppa europea, pause internazionali. Tanti i temi trattati da Andrea Agnelli, presidente della Juve e dell’European Club Association (Eca) durante il terzo World Football Summit organizzato a Madrid.
Per Agnelli il primo punto su cui lavorare è una razionalizzazione dei calendari delle competizioni: “Serve un calendario internazionale unificato. I tornei delle varie Confederazioni devono essere disputati in anni pari con riposo per tutti in quelli dispari. I calciatori non sono macchine e se sfruttati al massimo livello si rompono facilmente, sono un po’ come le Formula 1: cedono se forzate troppo. Occorrerebbe prevedere pause internazionali a settembre e novembre, togliendo quella di ottobre, e una terza a giugno, alla fine della stagione dei club. Poi tutti a riposo”.
Un altro tema molto caldo è quello di “esportare" partite di campionato, come recentemente fatto dalla Liga spagnola: “So che qui in Spagna il tema è caldo per l’idea del presidente federale Javier Tebas, che ha lavorato molto in questi anni per far crescere nel mondo il marchio del campionato spagnolo. Vediamo che grandi competizioni come Nfl o Nba esportano le proprie partite, quindi la cosa va considerata. L’idea per tutti è quella di raggiungere un’audience globale e per questo viaggiamo durante l’estate verso Asia o Stati Uniti. Ma serve lavorare con la Uefa perché si trovi una soluzione comune, non servono iniziative isolate”.
E la tanto discussa Superlega Europea? “L’esperienza dei diritti Tv venduti comunitariamente ci insegna che insieme si guadagna di più e che perciò è necessario continuare a parlarne”. La Uefa vuole la terza coppa europea: “Si era pensato di allargare l’Europa League da 48 a 64 squadre. Con questa soluzione invece verrebbero coinvolti lo stesso numero di club ma con un trofeo internazionale in più da vincere e la possibilità di creare competizioni equilibrate che sono più interessanti e dove tutti possono crescere”.
Infine una frecciata contro Uefa e Fifa: “Noi club investiamo in stadi, infrastrutture e giovanili. Se le cose vanno male paghiamo di tasca nostra. Loro invece si limitano a raccogliere e distribuire. Se incassano di meno restituiscono di meno. Così per loro è comodo, ma se succede noi andiamo in crisi perché abbiamo costi fissi e monti salari che toccano il 70% del fatturato. Per questo chiediamo di essere ascoltati quando parliamo di calendario internazionale”.