"La divisione femminile della WWE si è evoluta, ha rotto la parete, ha distrutto barriere, ispirato uomini e donne in tutto il mondo... e ha fatto la storia in ogni singola occasione”. Così si pronuncia Triple H all’indomani dell’annuncio della prima Royal Rumble al femminile nella storia della WWE. L’entusiasmo del lottatore e dirigente è in parte condivisibile: la prima rissa reale per sole donne è un bel traguardo per un movimento in continua evoluzione, eppure le perplessità attorno alla tanto acclamata decisione non mancano. Non si tratta della prima grande conquista del roster femminile, che ha già infranto diversi tabù negli ultimi due anni, quelli della cosiddetta “Women Revolution”: abbiamo assistito al primo Hell in a Cell match, al secondo TLC match e al primo Money in The Bank match al femminile. E i risultati sono stati quantomeno interpretabili, se non criticabili.
Spieghiamo perché, senza entrare troppo nel merito delle circostanze sopracitate in cui le donne si sono affacciate alle stipulazioni storicamente esclusiva degli uomini, in molti dei casi pensate proprio per contendenti maschili. Vuoi per l’utilizzo di oggetti contundenti, vuoi per i ritmi che i match a più uomini (o donne) comportano, il rischio che la prima Rumble femminile sia un flop annunciato è reale.
Innanzitutto ci sono dubbi sul numero delle contendenti: a meno di ritorni di leggende del passato (Trish Stratus ha palesato il suo interesse) o di partecipazioni da NXT, con difficoltà si arriverebbe ai canonici 30 partecipanti con l'attuale roster. Di conseguenza, già in partenza la contesa risulterebbe snaturata, nel caso in cui non si superassero i 20 ingressi.
Poi c’è il problema relativo al regolamento: abbiamo sempre visto, nell’ambito delle Battle Royal al femminile, le eliminazioni realizzate dalla seconda corda e non dalla terza come accade per gli uomini. Probabile che anche alla Rumble non si cambi e anche quest’eventualità finirebbe per togliere appeal al match, proprio perché diverso dal canone.
L’ultima criticità riguarda quello che verrà dopo: la Rumble rappresenterà l’ultima “parete rotta”, poi sarà Wrestlemania, probabilmente in un punto alto della card. A quel punto, le prime volte saranno terminate e alle donne sarà richiesto un immediato salto qualità per tenere testa ai colleghi uomini.
È lecito, dunque, chiedersi se l’attuale roster femminile, talentuoso ma ancora acerbo nelle storie e nei match che propone, sia pronto a bruciare le tappe tanto in fretta. Anche perché, va detto, nelle occasioni in cui la stipulazione è stata differente dai match più frequenti, soprattutto nell’Hell in a Cell tra Sasha Banks e Charlotte Flair dell’anno passato, le lacune sono state evidenti. Roma non fu costruita in un giorno. Allo stesso modo, l’urgenza di fare la storia non deve comprometterne il corso. Il gioco, infine, varrà la candela? Al 28 gennaio l'ardua sentenza.
Articolo scritto da Alberto Neglia