Da Goldberg a Kurt Angle passando per Batista: alla WWE non servono i “vecchi”

Pubblicato il 6 dicembre 2017 alle 17:35:19
Categoria: Wrestling
Autore: Luca Servadei

I siti americani specializzati non hanno dubbi: anche nel 2018, in WWE, saranno i “vecchi” a dominare la scena. Già il biennio 2016/2017, scandito dai ritorni di Goldberg e Kurt Angle in vesti di part-timer e da alcune fugaci apparizioni di The Undertaker (oggi ufficialmente ritiratosi), è servito a dare ulteriore lustro a stelle sbiadite, tutte con un comune denominatore: un presenzialismo eccessivo e, spesso, non richiesto.

Basti guardare all’ultima Wrestlemania, a dire il vero da anni monopolizzata da atleti fuori dal giro, per farsi un’idea: nei due main-event (Brock Lesnar contro Goldberg e Roman Reigns contro Undertaker) hanno lottato tre part-timer, di cui due cinquantenni. La storia si è ripetuta alle Survivor Series, in cui un ruolo centrale è stato dato a Triple H, Kurt Angle e Shane McMahon.

E oggi si vocifera di un nuovo stint di Goldberg nel 2017 e, udite udite, di un ritorno dell’Animale Batista, tornato tre anni fa giusto per il tempo di firmare un grande flop di critica e pubblico. Senza dimenticare The Rock, pronto a rubare il palcoscenico ai più giovani all’occorrenza. E lo stesso John Cena, anagraficamente e atleticamente ancora al top, ma avviato verso la strada del part-time, rischia alla lunga di diventare scomodo se non munito delle giuste motivazioni.

La domanda sorge spontanea: alla WWE servono ancora i “vecchi”? Non solo dal punto di vista dell’età, “vecchi” pure nel senso di “già visti”. La risposta, se si isola il fattore botteghino, legittimamente tanto caro alla compagnia, è negativa se si guarda al danno subito dalla marea di talenti che a Stamford prova a farsi largo settimana dopo settimana. Lottando, addirittura tre o quattro volte ogni sette giorni, mentre l’attuale Campione Universale di Raw, Brock Lesnar, tiene in ostaggio il titolo principale perché le sue clausole contrattuali centellinano le sue apparizioni.

Il danno è principalmente alla percezione che il pubblico ha delle nuove stelle, se queste superstar sono ciclicamente esposte a umiliazioni a vantaggio del Triple H di turno, uno che si prende la ribalta quando e nelle modalità che preferisce. Quando i tempi saranno maturi per dare un main event di Wrestlemania agli AJ Styles, ai Nakamura, ai Seth Rollins, se questi non vengono mai ritenuti all’altezza del palcoscenico? Quando la WWE smetterà di ricorrere allo star power degli ex lottatori e inizierà a costruire gli atleti più promettenti come stelle a tutto tondo?

Finché si asseconderà il timore che senza i “vecchi” i fan occasionali non si avvicineranno al prodotto, il prodotto stesso resterà sterile e “superato”. Vedere combattere un impacciatissimo Kurt Angle o un Goldberg fuori condizione per 40 secondi, non serve soltanto a rovinare il ricordo che di questi grandi performer conserviamo? È tutto un circolo vizioso e serve il coraggio di uscirne.


Articolo scritto da Alberto Neglia